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110 CAPO XVIII.

che nella imprescrutabile economia della natura, che la produsse, altro non è se non se decomposizione e composizione perpetua di ciò, che ha esistenza attuale. E parmi riconoscere non dubbiamente le simboliche sembianze del nume spietato in quelle teste gorgoniche sannute di mostruoso aspetto, che si veggono in moltissimi monumenti, e massimamente nel copioso vasellame, o negli arredi che più servivano a’ riti e alle cerimonie funebri1. Che già ognuno, come di meglio ei potesse, tendeva a placare con la religion del sepolcro quell’inesorabile distruggitor dei viventi. Altre stranissime immagini o di dei, o di Penati, o di Lari, che poniamo in mostra sia di foggia asiatica, sia d’egizia, manifestano apertamente quanto lo spirito di quelle religioni straniere s’internasse di buon’ora nelle divozioni nostrali, e come il popolo si fosse già universalmente famigliarizzato a certi simboli più volgari, in cui ravvisava o precetti religiosi, o buone speranze di vita futura. Nè può essere dubbioso, che le religioni egizie sopra tutte l’altre predominassero quanto è al rito sepolcrale, massimo di tutti, atteso che più drittamente dava all’uomo fidanza di gire a miglior porto. Vasi cinerarj a forma di Canopo, statuette, amuleti, scarabei, e moltissimi altri capi d’egizie superstizioni ritrovati nei sepolcri, son pruova indubitata del grande studio che ponevano gli Etruschi ad imitare nelle tombe loro gentilizie le fogge mede-

  1. Vedi tav. xxxiv-xxxvi.