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96 CAPO XXII.

e pastori. Onde la religione quasi tutta in prima villereccia, e insignita di moltissime deità abitatrici delle selve, delle montagne, de’ campi, de’ fiumi e de’ fonti, avea così principalmente per fine di rendere gradita agli uomini la vita rustica, e far amare insieme i faticosi lavori della cultura. Per benignità degl’iddii questa antica terra, di legittimo dominio loro, era stata data in possesso agli incoli sotto l’obbligo d’osservare la legge, e di spirituale omaggio1. Insegnatori di queste dottrine, e propagatori a un tempo dell’agricoltura, non solo i preti riferivano a quella i fenomeni contemplati dalle loro divinazioni, ma coordinarono altresì l’ordine stesso dell’anno, e le feste religiose coll’opre della sementa, e della messe, e di tutt’altre bisogne della coltivazione. E fu concetto dell’avvedutezza che i miti nazionali consacrati perpetuassero in oltre la memoria di coloro, che posero alle nostre genti insieme colle arti agrarie il freno d’una vita regolata, operosa e civile. Di che sono allegorie semplicissime la bella età dell’oro, Saturno agricoltore e Giano insegnator di buone opere rusticane2, posti entrambi in fronte all’italica mitologia, la quale di tal modo si manifesta nella sua origine espressiva, evidente, ingenua e schietta, quanto sol richiedeva la prisca condizione villesca. Ed è questo un fatto rilevantissimo e di gran momento alla storia; perchè da

  1. Da ciò l’Italia era detta mitologicamente Saturnia; e l’Etruria la terra degli dii. Vedi Tom. i. p. 23. 38. e di sopra p. 80.
  2. Macrob. Sat. 1. 7.