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22 CAPO I.

niti, unitamente con tutti i popoli di loro stirpe da un lato all’altro della penisola fin dalla prima loro unione: e in tale stato villesco li ritrovarono pure allevati quegli stranieri di vario nome, che secondo le leggende medesime dei Greci si dicevano approdati in Italia diciassette generazioni avanti l’era troiana1. Tanto che già stretti innanzi al suolo che coltivavano, e ridotti a dimore ferme, ed a stabili matrimoni, non può nè meno dubitarsi che i paesani non consentissero insieme ai doveri d’una comune legge.

Se però le facoltà fisiche e morali concorrono da per se alla formazione della società civile, e tendono con giusta forza al suo incremento, dobbiamo tuttavia confessare che per le relazioni di viaggiatori in tante incognite terre, non abbiamo nè pure un esempio d’alcun popolo tenuto per selvaggio, il qual siasi avanzato a civili usanze, senza che cause straordinarie non abbiano operato su di quello per facilitarne il progresso morale col vigor d’instituti ed arti; che sono bisogno al vivere umano. Certamente l’agricoltura, madre feconda di copiosi beni, e gli ordini salutari che per essa all’universale derivano, posero i veri e più naturali fondamenti della civiltà nelle nostre contrade; in quella forma che le Missioni, con iscopo più divino, alla luce evangelica congiungono tuttodì l’insegnamento di cotest’arte proficua a mansuefare i più riposti selvaggi indiani del Missouri e d’altre parti

  1. Nicander ap. Anton. Liberal. 31; Dionys. I, 12.