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318 CAPO XVI.

tima qualità e copia delle loro fulgide e molli lane; per le buone razze de’ cavalli: e per grande abbondanza di biade1; sapevano i solleciti Appuli2 trar comodi e ricchezze tali, che ne renderono il paese assai più popoloso e fortunato. Nulla meno diligenti pastori erano i Calabri3: come i loro antichi schietti di costume, semplici ed ospitali4; ma per natura sempre agresti e guerrieri5, e non curanti i pericoli dell’armi, nè le dure fatiche, nè i disagi, sempre che difendessero in comune l’adorata loro libertà. Assai tardi i Romani, che non conobbero la più interna Italia se non per vie sanguinose, ebbero notizia di questi luoghi di mezzogiorno a cagion della guerra sannitica: ne le loro aquile si mostrarono nei Sallentini prima dell’anno 447: il che bastò tuttavolta a cangiare in miserie lo stato per l’innanzi felice della regione. Dove con la servitù novella s’introdussero le sue inseparabili compagne degradazione, inopia e povertà. Tanto che, sì per la caduta, sì pel disfacimento successivo di moltissime terre, e vere città, altre volte potenti d’uomini, non vide quivi Strabone che una contrada esausta, quasi come deserta6.

  1. Strabo vi. p, 194. 196.; Plin. viii. 48.
  2. Impiger Appulus. Horat. iii. od. 16. 26.
  3. Aestuosa grata Calabriae armenta. Horat. i. od. 31. 5.; Columel. vii. 2.
  4. Horat. i. ep. 7.
  5. Agrestium populorum. Horat. iii. od. 30. 11. Militaris Daunia. Idem. i. od. 22. 13.
  6. Strabo vi. p. 194. 197.