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CAPO XVI. | 317 |
adoperavano, oltre all’idioma natale, favella greca: di che essi avevano meglio d’ogni altri grande opportunità, usando più frequentemente con i Greci dimoranti alla prossima marina. Troppi erano i bisogni che a malgrado degli odi tiravano scambievolmente i nostri popoli italici ed i greci a dimesticarsi infra loro con la frequentazione; e così a favellare alternatamente ora un idioma, ora l’altro: ed in fatti venian gli Osci in particolar modo contrassegnati per questa mescolanza di lingue1. In Banzia, appula o lucana si fosse, parlavasi del pari dai terrazzani lingua osca2: nè diverso era l’idioma locale di Rudia nei Sallentini, patria d’Ennio3. In questa forma di per tutto, dal confine dei Frentani sino all’estremità dell’Italia, ritroviamo diramato l’osco qual favella universale, e affatto propria dei paesani: i quali ancorchè di poi ritenessero più comunemente alla latina il nome di Appuli e di Calabri, serbarono pur sempre l’immutabile impronta del genio e del costume nativo.
Di tal modo gli Appuli possessori d’un aperto e fruttoso piano4, stimavano la pastorizia, quanto gli odierni Pugliesi, sovr’ogni altra industria: e per l’ot-