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288 CAPO XIV.

per innanzi nel paese la civiltà degli altri due. Furono essi per tanto amantissimi della pompa, delle arti, e d’ogni maniera di spettacoli: fra i quali son note a tutti le giocose favole atellane, così chiamate col nome della città, dove se n’era più lungamente conservato l’uso. L’arte del vasaio, esercitatavi per tempo, continuava a praticarsi molto lodevolmente dai Campani1; e senza parlare dei vasi nolani celebratissimi, di scuola italo-greca, le sole monete che abbiamo di città con titoli oschi della Campania, basterebbero a far certo quanto a buon’ora vi si fosse propagata l’arte del buon disegno per istudio d’artefici paesani. L’idioma osco seguitò, senza interruzione alcuna, ad essere la lingua nativa dei Campani: e questa viveva ancora nella voce del popolo quando Ercolano e Pompeia furono distrutte. Così il nome di Meddix-Tuticus, principal magistrato che si legge sopra alcuni edifizj pubblici di Pompeja2, fa sicura fede che il reggimento delle città campane conservò mai sempre le stesse forme e magistrature municipali del tempo antico. Tra le quali si trova più particolarmente mentovato l’ufficio del Questore3. L’opulenza e il buon gusto d’ogni arte che predominavano in Ercolano e in Pompeja son troppo palesi a tutti per non abbisognare d’altre dichiarazioni;

  1. Campana suppellex. Horat. i. Sat. 6. 118. et Vet. Inter. ad. h. 1.
  2. Vedi tav. cxx. 3. 1. 2.
  3. Kuaisstur. Vedi tav. cxx. 4. l. 4: 9. l. 2.