Pagina:Storia degli antichi popoli italiani - Vol. I.djvu/346

286 CAPO XIV.

italico, la civiltà greca cominciò a fare buon frutto, ed a propagarvi tutto intorno il suo benigno influsso. I miti Eraclei, quello delle Sirene, l’Acherusia, l’Averno, la Sibilla cumana, e soprattutto que’ scaltriti maestri in negromanzia che avean sede in questi luoghi1, dove parevano in certo modo rappresentati sotto forme sensibili e materiali i Tartarei regni, furono senza dubbio parto dell’accortezza, e insieme della fantasia dei Greci, che in ogni regione sapean sì bene appropiare le qualità ed i nomi locali alle loro stesse popolari credenze. Gli Etruschi al contrario, di più seria e circospetta natura, v’introdussero religioni gravi, e numero di civili instituti2: ma i Sanniti-Campani, già viziati per scellerato cominciamento, mischiando la natìa ferocia alla licenza del costume greco, declinarono a tanta viltà, lussuria ed arroganza, che ben potea Cicerone, allevato nella costumatezza volsca, chiamare la Campania cuna d’ogni vizio3. Ed in vero, quasi che il cielo faccia quivi gli uomini eccessivi, i soldati stipendiarj campani, usati a militare di fuori, vi si mostrarono in ogni tempo prodi sì, ma venturieri malnati, misleali e spergiuri4. Per altrettanta depravazione del sacro rito funereo, che avea per fine onorare i mani de’ valorosi, l’arte crudele di spargere il sangue umano

  1. Cicer. Tuscul. i. 16.; Strabo v. p. 168.; Diodor. iv. 22.
  2. Vedi p. 118, e 122.
  3. Agrar. 1. 6. 7.
  4. Diodor. xiii. 44. xiv 9. et al.