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262 CAPO XIII.

nia, Taurasia, Cominio, Romola, Consa, e quell’Equus-Tuticus1, di cui Orazio ben potea con vena satirica burlarsi al suo secolo di magnificenze, come d’una misera cittadella2. Nondimeno queste, ed altre terre non poche del Sannio, s’erano secondo fortuna dalla condizione di borghi o di villaggi alzate al grado di vere città munite con opere militari, ed aventi Foro, Comizj, Curia e propri magistrati. L’ostinata resistenza che ciascuna di loro fece da per se all’armi romane, sarebbe sufficiente a dimostrare quanto elle fossero potentemente fortificate con mura e torri3, segno certo di stabilità di governo e di civili costumi: benchè più maggiormente ne sieno testimonio sul luogo i vestigi delle mura stesse di Boviano, Allife, Esernia ed Eclano, per lo più costrutte di grandi pietre tagliate in figure irregolari4. Nè molto lungi alle ruine d’Eclano, nel profondo d’una valle circondata di selvosi monti, trovasi nel suo pristino stato il lagone d’Ansanto, che per le sue acque di fetido odore, nere e bollenti, posto in custodia della dea Mofeta, era

  1. Cioè Equus-magnus, in Hierosol. itiner.
  2. Mansuri oppidulo, quod versu dicere non est,
    Signis perfacile est. Venit vilissima rerum
    Hic aqua: sed panis longe pulcherrimus.

    Horat. i. sat. v. 87-89.

  3. Liv. x. 43.
  4. I vestigi d’Eclano sono a Mirabella presso Frigento. Per una lapide ivi scoperta nel 1811 abbiam, ch’ella era munita con turreis moiros turreisque aequam qum moiro.