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260 CAPO XIII.

stume, mostra la prole guerriera duramente allevata non tanto a maneggiar la zappa e la scure, quanto a trasportare obbediente i recisi tronchi degli alberi ad ogni cenno delle madri severe1. Queste sollecite cure della maschile educazione impressero certamente ne’ Sanniti la virilità di quel robusto carattere, che non mai avvilito nella sventura non si rimaneva di far guerra per solo amore di libertà, e volea più tosto, come dice Livio, esser vinto, che non far prova di vincere. Nè mancavano tampoco le buone istituzioni a rafforzare ne’ loro animi il gagliardo affetto della città, che in se comprendendo ogni sublime e ragionevol sentimento, sostenne con gloria la virtù sannitica per tutto il corso della libertà pubblica.

La regione dei Sanniti, traversata dall’Appennino in linea obliqua, comprendeva nel suo intero tutto lo spazio montuoso posto tra la Campania, la Puglia e la Lucania. Dentro a questi termini, dimore predilette del coraggio e della indipendenza2, stava l’universale confederazione del nome sannite, la qual si componeva dei Pentri, Caudini, Irpini, Caraceni e Frentani. È impossibil cosa il determinare con qualche precisione i veri confini di ciascuno, non che le particolari loro città, terre e castella3. Il monte Matese, ch’è la punta più alta del Sannio, avea in-

  1. Horat. iii. od. 6.
  2. Regio gentium vel fortissimarum Italiae. Plin. iii. 12.
  3. Per la più recente, copiosa, ed accurata descrizione del Sannio vedasi Romanelli, Topografia del regno di Napoli.