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CAPO XI. 237

rati[1]. Quanta si fosse però l’importanza delle navigazioni de’ Volsci sul Tirreno si conosce apertamente dai notabili avanzi dell’antico porto d’Anzio, e di quel di Terracina, il cui perimetro ha 1160 metri, costruito di tal modo che potesse comodamente contenere un naviglio numeroso: ed in fatti i Volsci ben forniti di legni e di galere, e padroni a un modo dell’isola popolosa di Ponza, situata di rimpetto, e lungi non più che poche miglia dal capo Circello[2] tenevano come signori del propio mare infestata la costa con frequenti scorrerie sin oltre al Faro siciliano: e per costume antico durarono sì lungo tempo in queste temerarie corse piratiche, che ne fece querela ai Romani in pro dei Tarantini Alessandro Molosso circa all’anno 420[3]. Nel qual torno di tempo vinti gli Anziati, tolsero loro i Romani una parte delle navi rostrate: l’altra fu arsa[4].

Ma fossero pure gli Anziati per abiti di vita marinesca audacissimi corsali, sarà sempre vero, che alle navigazioni de’ suoi dovettero Anzio stesso, Circeo e Terracina, la loro vantata opulenza[5]. Queste navigazioni prospere ed i commerci floridi ancora al tempo del già mentovato trattato fra Cartagine e Roma, dove le tre anzidette città son comprese, introdussero cer-

  1. Dionys. vii. 37. ix. 56.; Strabo v. p. 160.
  2. Liv. ix. 18.
  3. Strabo v. p. 160.
  4. Liv. viii. 12-15.
  5. Liv. ii. 63. iv. 59.; Strabo l. c.