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XXVI AI CORTESI

 

In fatti allorché gl’Italiani poterono mettersi a contatto colle lontane regioni dell’Oriente e del Mezzodì doveano essere già progrediti a tal punto di civiltà d’avere proprie salutari istituzioni, dottrine ed arti. Tale contatto potea lor porgere nuove materie, nuovi metodi, nuovi mezzi, non mai un nuovo sapere ed un nuovo fare. Poteano per esse invaghirsi soltanto di straniere forme, ed indursi ad imitarle, sia perchè piacenti per la novità e singolarità, sia perchè necessarie a nuovo vantaggioso commercio cogli stranieri. Ammette quindi che invasioni di Pelasgi e di Liburni e d’Illirici sieno avvenute in Italia, ma di ciò tuttavia non si turba minimamente, perocché sì fatte invasioni meramente barbariche non sono tali che abbiano portato né istituzioni, né dottrine, né arti agl’Itali, ma solo temporario impedimento al loro naturale progresso. E di tali invasioni ben altre ne accaddero senza conseguenza maggiore, perciocché gl’invasori o furono tosto o tardi respinti e spenti, o si sottomisero eglino stessi all’incivilimento che trovarono nel paese invaso e vinto.

Quando ottimamente ritiensi che la macchina del governo etrusco fosse fuor d’ogni