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CAPO VIII. 177

confacenti alla qualità dei tempi procellosi, ma all’essere di popoli nomadi, mobili per istato, e per ancora violenti, precipitosi, mal disciplinati e materiali. Sì che a schiarire possibilmente le nostre prime storie, più presto congetturali, che appoggiate in testimonianze di contemporanei, si vuol anche concedere all’investigatore di rimettersi fermo in sulla traccia degli eventi principali, tanto più degni di fede, quanto più corrispondenti tra loro per unità di vicende; e quindi seguirne il filo con quel maggior fondamento di vero che può competentemente ottenersi dalla probabilità istorica. Chè, almeno di questo, il discreto intendimento del lettore filosofo ed erudito s’appaga.

La dimora dei Liburni e degl’Illirici per la costa orientale del mar di sopra era accertata dalle memorie e dai vestigi che rimanevano di loro nel paese, cominciando dal Piceno insino all’estrema Iapigia, dopo ancora che vi furono spenti e s’era annullato del tutto il nome loro. Fra i molti e vari popoli attenenti alla nazione illirica, Plinio, allegando Varrone, nomina specialmente i Varei, o Ardiei, quali occupatori d’Italia1: e non dubbiamente dice lui stesso, che là nel Piceno il castello di Tronto, presso alla foce del fiume di quel nome, era al suo tempo l’unico avanzo, o piuttosto segnale, de’ passati possessi de’ Liburni in quelle spiagge2. Ugualmente Illirici, e della tribù

  1. Populatores quondam Italiae Vardaei. iii. 22. Ἀρδιαῖοι in Strabone.
  2. Quod solum Liburnorum in Italia reliquum est. iii. 13.