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CAPO VII. 153

edificata da Tarconte l’eroe1, come riferivano o storie o poesie nazionali, dimostra bensì che volgarmente dai paesani premettevasi l’opinione della sua origine tosca.

Qualora potesse prendersi in considerazione la facoltà sì pubblica, come privata dell’Etruria intera, il valor delle terre, del bestiame, delle case, dei mobili, de’ preziosi arredi e la moneta in circolazione di ciascuna città, una tanto inestimabile opulenza nell’interno potrebbe sola dare a conoscere quanto immensa fosse già la ricchezza nazionale, frutto di perseveranti fatiche e d’arti2. Il commercio principalmente arricchiva l’Etruria: traeva derrate e danaro dalle sue colonie e dagli stati tributari: ma il più saldo fondamento della copia pubblica trovavasi non di meno nel suo proprio territorio, e nell’arti rurali. Erano i campi fecondi e doviziosi per util cultura: abbondanti gli armenti3: ed i piani di maremma, per infelicità di suolo ancorchè d’aria grave e pestilente, davano pure ai lavoratori quantità grandissima di biade. Molti erano stati nell’interno i terreni allagati, ed i paludosi, prima che l’arte e la perseveranza umana non v’attendessero alla difesa. Quivi in To-

  1. Serv. ibid.
  2. Etruscis... gentem Italiae opulentissimam, armis, viris, pecunia esse. Così Livio (x. 16) parlando tuttavia d’un’epoca, in cui gli Etruschi erano già scaduti grandemente di potenza.
  3. Etrusci campi... frumenti ac pecoris et omnium copia rerum opulenti. Liv. xxii. 3.