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CAPO VII. 135

o l’istoria intera di Manetone, o il libro che scrisse Istro delle colonie egizie1, ne verrebbe per avventura a noi la certezza di alcuna non conosciuta migrazione di cotali schiatte, apportatrici di beni e d’arti civili in queste nostre contrade, quanto almeno indubitatamente ne fu debitrice all’Egitto, quasi al tempo stesso, e per le medesime cagioni, la Grecia europea. Perchè anche pochi savi uomini son bastanti a mansuefare una moltitudine, ed a potentemente influire nel lor morale ammaestramento. I primati o sacerdoti dell’antichità, qualunque ne fosse la razza, formavano in oltre un ordine unico nell’umana società, i cui membri iniziati nei medesimi misteri, e strettamente collegati per uno stesso fine di dominio, mantenevano da un tempio all’altro, e di paese a paese, scambievoli ma celati commerci, frammischiando in tutte cose la divinità, e tirandola quaggiù dal cielo all’uso terreno. Surse così una potente aristocrazia sacerdotale, che in Etruria massimamente di poco cedeva in autorità a quella dell’Asia o dell’Egitto. Colà, dove distese le comunicazioni de’ nostrali per uso di viaggi e di mercatura, e per frequentazione di gente, spiriti avveduti dovean pur raccorre quanto di utile di buono trovavano, facendone studio e profitto nella patria. Che più? Ne dice un racconto, che vuol aversi per isterico, come certi Cabiri fuggiaschi della patria introdussero qua in Etruria i misteri di Bacco, indi

  1. Constant. Porphir. Tem. 15, p. 46.