costretti ad emigrare, e però passarono prima in Sicilia dove lasciarono le loro tracce colle celle sepolcrali sulle scogliere dei monti, indi in Tuscania dove praticarono lo stesso. Di là resi col tempo forti e numerosi estesero il loro dominio, fiorir vi fecero la civiltà, per cui dimenticati i nomi di Ausonia, di Esperia, d’Enotria, che si erano succeduti l’un l’altro nella stessa regione, vi perpetuarono quello d’Italia. A quest’Itali è dovuta la paternità del nostro incivilimento: titolo di merito immenso, di divino splendore, di memoria indelebile. Aristotile rammemora questa gente in uno stato di innoltrate instituzioni sociali in tempi molto anteriori all’età stessa di Minosse, che secondo i cronologisti cadrebbe di circa 1406 anni prima dell’era volgare, e precederebbe di 653 anni la fondazione di Roma. Vitulonia fu la città lor principale; e se italica cioè atlantica fu la pianta dell’incivilimento e della favella, l’Italia a buon diritto ottenne e mantenne quest’almo nome, che divenne proprietà personale degl’Italiani a motivo della lor lingua, la quale partendo da’ suoi primi temosfori scorse a traverso di tanti secoli senza interruzione e col continuo uso de’ suoi elementi,