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100 | CAPO VII. |
ternamente in bocca de’ Greci e dei seguaci loro, ora quanto Pelasghi cognominati Tirreni, ora quanto Etruschi, ne venne da ciò nel linguaggio de’ libri quella tale ambiguità di nomi etnici, e confusione di fatti, che renderà sempre difficilissimo, se non del tutto impossibile all’istorico, lo sceverarli con pari critica e convenevolenza. Quindi, benchè la tradizione lidia sia oggidì rifiutata pienamente dai critici migliori, presupporre non ostante di ceppo pelasgo gli Etruschi, e di lingua e di dottrine più presto grecaniche, che d’altro fondo, è una tale sentenza che ancor piace ad alcuni per la facilità, se non altro, che porge loro di tentar grecizzando i misteri d’una lingua ignota, e di tirare a proprio talento, come suol farsi dai più, tutta questa materia a sistema. Se non che, per chiunque non ami fantasie, forza è confessare candidamente, che la massima parte dell’etrusche iscrizioni ne’ bronzi e ne’ marmi sono inintelligibili affatto: perchè di vero s’ignora la lingua o le lingue madri che formarono l’etrusca, innanzi ch’ella per commercio di popolo s’accostasse alla greca, di cui ritiene soltanto, e nulla più, alcuni temi compagni, o derivati.
Ma se dalla favola lidia, collegata con le nobili storie degli Eraclidi, traevano gli Etruschi meno antichi un qualche titolo di nazionale vanità, non abbiamo neppure un cenno, che eglino attribuissero in alcun tempo a se stessi un’origine pelasga. Anzi ciò era per esso loro soltanto una tradizione recitata