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66 CAPO V.

Già molto tempo innanzi alla guerra troiana occupavano i Siculi buona parte dell’Italia di mezzo qual corpo di nazione unita. Ch’eglino non s’appartenessero al ceppo greco, lo dice espressamente Dionisio principale narratore de’ casi loro, chiamandoli più volte gente barbara e indigena del Lazio1. Pelasghi propriamente non erano, se attendiamo alle cose narrate, meglio che alle imaginate, poichè i Siculi dimoravano in Italia prima della venuta di costoro, i quali si mostrarono in tutto più presto nemici, che congiunti. Nè potevano tampoco essere d’origine Enotri; perciocchè in cambio che i Siculi sien venuti oltre verso il centro da quella parte estrema della penisola, vi furono anzi forzatamente respinti dal settentrione a mezzodì. E dove Antioco dice in breve, che Siculi, Morgeti e Itali, erano a un modo Enotri; cioè gli abitatori dell’Enotria; desso intende a significare soltanto, siccome apparisce dal contesto, il nome distinto che portavano separatamente gl’incoli di quel paese, li più antichi di quanti s’avesse ivi notizia2. Giustamente Plinio poneva i Siculi tra i primi popolatori del Lazio antico: e in veder sempre accompagnato per li scrittori latini3 il nome loro con quel degli Aurunci, vecchissi-

  1. Βάρβαροι Σικελοί, ἔθνος αὐτιγενές i. 9. ii. 1. Così per Scilace (Peripl. p. 9) sono barbari, quindi distinti dal tronco greco, i Siculi stessi che passarono in Sicilia, e lo conferma Pausania V. 25.
  2. Ap. Dionys. i. 12., Strabo. vi. p. 176. Vedi appresso capitolo xv.
  3. Plin. iii. 5.; Virgil. vii. 795, xi. 317.; Serv. ad h. l. et al.