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della favola. Udendo per esempio che l’Inaco greco, corrispondente al Giano italico, veniva detto figlio dell’Oceano, ogni savio intendeva due cose: l’una che trattavasi di un temosforo fondatore di vita civile, e però che non poteva essere un sol uomo attesochè egli da sè stesso non poteva nè compiere, nè radicare una sì lunga operazione, qual è quella dell’incivilimento; funzione che compiere non si può ordinariamente, fuorchè colle colonie e colle conquiste; l’altra cosa che intendevasi si era che si trattava semplicemente della venuta dal mare, e non della paternità o maternità naturale dall’Oceano, il quale non genera nè partorisce uomini. Figlio del bosco o della montagna dicesi poeticamente anche in oggi un pastore od un cacciatore.
A malgrado di sì ovvie avvertenze abbiamo veduto parecchi eruditi rifiutare del tutto le favole allusive a’ fatti umani, o quand’esse non presentavano un evidentissimo assurdo, intenderle a modo del rozzo volgo. Chi direbbe per esempio che il Bailly astronomo e filosofo abbia considerato Atlante come un re effettivo a petto della leggenda intorno alla scienza ed all’arte che venivagli attribuita, la