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CAPO III. 45

maniera d’eventi favolosi che i poeti e mitologi avean lasciato agli storici compilatori, fu poscia raccolta e ampliata più copiosamente dai vani e menzogneri Greci che vissero nel secolo d’Alessandro, e sotto i Tolomei, quando alla loro nazione par che mancasse con la libertà anche l’amore del vero. Tutti gli scritti che ne rimangono di quell’età fan certa fede, che lo studio inutilmente copioso della grammatica era il tema più gradito delle lettere. Gli storici aspirando, nulla men che i poeti, a comparire più eruditi, che fedeli, posero grandissimo studio a favellare sopra le origini, ed a ridire l’un l’altro cose inaudite, maravigliose e pellegrine: in guisa che, se per mala sorte alcuna città non avesse avuto principio o nome greco, non sarebbe stata, al dir di loro, al mondo. Trenta e più scrittori di storie italiche tutti Greci1, e tutti egualmente oscuri per poco o niun criterio, attesero moltissimo a favoleggiare, come si vede per alquanti frammenti, o delle origini di Roma, il che vuol dire di quel che più importava alla storia, o delle fondazioni di più antiche città: nè fu meno favolatore Sostrato, che scrisse de’ fatti dei Tirreni, e Zenodoto da Trezene degli Umbri2. Con tutto questo i loro scritti erano citati, e seguitati frequentemente in età prive ancora di luce critica: onde per la mancanza di migliori o d’altri più divolgati documenti, quelle stesse

  1. V. Fabric. Bibl. Græc.
  2. Pseud. Plutarch. Parallel. 56.; Solin. 8.