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il passo è superato 93

diminuire la pendenza, in pochi minuti eravamo sul calle. Il vento, che ci aveva disturbati nel salire e doveva essere più forte sulla vetta, aveva invece dato luogo alla calma; il sole splendeva verso il tramonto; il cielo era di cristallo. Lo sguardo dominava le due valli! Spingendolo giù per quella d’onde eravamo saliti, che appariva di lassù come una stretta gola, andava mano mano a posarsi sopra una serie di cime o negre o nevose di cui le ultime sfumavano nel lontano orizzonte. In fondo all’opposta valle guardandoci a destra, rivedevamo in tutta la sua ampiezza il ghiacciajo del Forno, e lo seguivamo coll’occhio fin là d’onde si dipartiva dai vasti campi di eterne nevi e dalle serene vette che lo avevano generato; mentre, guardando a sinistra, vedevamo già rovesciarsi dalle nevose cime, quasi gonfia fiumana divisa in più rami e formante diverse cascate, i ghiacciai del Passo Martello. Ma più di tutto meravigliose, e meritevoli da sè sole della fatica che costa il guadagnare lo Zebrù, sono due gigantesche piramidi gemelle in cui si termina verso Nord la scogliera sulla quale ci troviamo. L’una è tutta coperta di neve; l’altra quasi interamente nuda; eppure quella nuda gareggia in bianchezza coll’altra vestita di neve; e il crederete facilmente, quando vi dirò che sulla prima i bianchissimi calcari saccaroidi godono di si grande sviluppo, che essa può ben dirsi una montagna di marmo bianco. Non credete che sia postuma fantasia quando vi assicuro che lo svolgersi di quelle creste candidissime, frastagliate come da tante aguglie, mi ricordava vivamente il Duomo di Milano. Ritengo che all’effetto che produce alla vista quella marmorea piramide si debba il nome di Monte Cristallo che distingue con termine generico tutta la catena la quale divide la valle dello Zebrù da quella per cui si ascende al passo dello Stelvio.

» Pieni, ma non sazî dell’incantevole spettacolo, e quasi ebbri del pensiero della vittoria, discendemmo a balzi nella valle del Frodolfo. Rasentando quella vedretta e quella frana così nefaste, ci pareva impossibile che jeri ci avessero dato un tanto da fare. Ma altro è il mare che dorme a guisa di placida laguna, altro il mare furioso sotto gli impeti della tempesta.

» Se vi troverete un giorno a Santa Caterina, non lasciate di passare lo Zebrù. Scegliete però una bella giornata. A tempo sereno quel passaggio non è che una generosa partita di piacere, a cui può pigliar parte qualunque più mediocre salitor di montagne. Ma se il tempo è brutto, soprattutto se è turbinoso, può