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nuova crisi e nuova ritirata 87

di neve fresca che copriva il ghiaccio compatto e liscio come il vetro, rendeva quel passo troppo traditore. Mentre parlava, appoggiò l’orazion sua con un tremendo rovescione a capo indietro, argomento di fatto troppo convincente, ma ch’io volli ribadire con un altro rovescione per mio conto, senza aspettare nemmeno la perorazione. Che fare? discendere difilati, seguendo il ripidissimo pendio, per quella stessa frana per la quale eravam saliti lentamente seguendo una linea trasversale. Ma se il salire era stato malagevole, il discendere era un eculeo tormentoso, e non scevro da pericolo. Ora un largo masso ci si frapponeva, e bisognava sdrucciolar giù, abbandonandosi sul dorso; ora uno spigolo acuto minacciava di forarci un piede o di lacerarci una tibia. Tutto in quel punto sembrò congiurare contro di noi. Levossi un vento furioso; la neve granulosa, fitta, cacciata dal vento, ci feriva in linea quasi perfettamente orizzontale: una vera tormenta, quella che forma il terrore delle Alpi. In un attimo la neve si appiccicava ai nostri abiti, dalla parte esposta al nembo, e li copriva letteralmente quasi di una crosta di ghiaccio: la mano irrigidita a mala pena stringeva il bastone. Il peggio era poi che la neve turbinosa aveva in un istante coperta la frana, incrostati i massi, occupati gli intervalli; lo sdrucciolare si rendeva continuo e veramente pericoloso. Mentre eravam tutti impegnati in questa manovra di nuovo genere, udiamo il rumore come di una solenne sdrucciolata: il nostro portatore, che noi chiamavamo per abitudine nostra guida, benchè si tenesse d’ordinario alla retroguardia, era caduto; la destra gamba s’era sprofondata in una buca, mentre la sinistra era rimasta in aria; la gerla ben approvigionata si era rovesciata e, a guisa di corno d’abbondanza, versava bottiglie, pani, cartocci che rotolavan giù per la frana. Si dovette accorrere a liberare il povero inforcato che in quella positura così poco accademica, imprigionate le braccia nelle cinghie della gerla, non c’era modo che si potesse ajutare da sè. Quella scena tragicomica ci tolse ogni fiducia. Giunti a stento di nuovo sotto la vedretta, dove presentava un pendio più accessibile, sostammo a pigliar fiato e a fare un po’ di consiglio di guerra. Levando gli occhi alla vetta, cui avremmo raggiunta in men di mezz’ora, essa ci presentò, prima non visto, uno spettacolo terribile e sorprendente che rimarrà sempre vivo nella mia fantasia. L’avresti detta in preda a un vasto incendio, quasi ad una eruzione vulcanica. Colonne di neve pulverulenta, a guisa di nembi vorticosi di polvere o di fumo, si alzavano sper-