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nuova crisi e nuova ritirata |
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di neve fresca che copriva il ghiaccio compatto e liscio come il
vetro, rendeva quel passo troppo traditore. Mentre parlava, appoggiò
l’orazion sua con un tremendo rovescione a capo indietro,
argomento di fatto troppo convincente, ma ch’io volli
ribadire con un altro rovescione per mio conto, senza aspettare
nemmeno la perorazione. Che fare? discendere difilati, seguendo
il ripidissimo pendio, per quella stessa frana per la quale eravam
saliti lentamente seguendo una linea trasversale. Ma se
il salire era stato malagevole, il discendere era un eculeo tormentoso,
e non scevro da pericolo. Ora un largo masso ci si frapponeva,
e bisognava sdrucciolar giù, abbandonandosi sul dorso;
ora uno spigolo acuto minacciava di forarci un piede o di lacerarci
una tibia. Tutto in quel punto sembrò congiurare contro
di noi. Levossi un vento furioso; la neve granulosa, fitta, cacciata
dal vento, ci feriva in linea quasi perfettamente orizzontale:
una vera tormenta, quella che forma il terrore delle Alpi.
In un attimo la neve si appiccicava ai nostri abiti, dalla parte
esposta al nembo, e li copriva letteralmente quasi di una crosta
di ghiaccio: la mano irrigidita a mala pena stringeva il bastone.
Il peggio era poi che la neve turbinosa aveva in un istante coperta
la frana, incrostati i massi, occupati gli intervalli; lo sdrucciolare
si rendeva continuo e veramente pericoloso. Mentre eravam tutti
impegnati in questa manovra di nuovo genere, udiamo il rumore
come di una solenne sdrucciolata: il nostro portatore, che noi
chiamavamo per abitudine nostra guida, benchè si tenesse d’ordinario
alla retroguardia, era caduto; la destra gamba s’era
sprofondata in una buca, mentre la sinistra era rimasta in aria;
la gerla ben approvigionata si era rovesciata e, a guisa di corno
d’abbondanza, versava bottiglie, pani, cartocci che rotolavan giù
per la frana. Si dovette accorrere a liberare il povero inforcato
che in quella positura così poco accademica, imprigionate le
braccia nelle cinghie della gerla, non c’era modo che si potesse
ajutare da sè. Quella scena tragicomica ci tolse ogni fiducia.
Giunti a stento di nuovo sotto la vedretta, dove presentava un
pendio più accessibile, sostammo a pigliar fiato e a fare un po’
di consiglio di guerra. Levando gli occhi alla vetta, cui avremmo
raggiunta in men di mezz’ora, essa ci presentò, prima non visto,
uno spettacolo terribile e sorprendente che rimarrà sempre vivo
nella mia fantasia. L’avresti detta in preda a un vasto incendio,
quasi ad una eruzione vulcanica. Colonne di neve pulverulenta,
a guisa di nembi vorticosi di polvere o di fumo, si alzavano sper-