Pagina:Stoppani - Il bel paese - 1876.pdf/92

86 serata v

Bormio a notte molto innoltrata. Per buona ventura il tempo s’era tenuto tranquillo; dovette però confessarmi d’aver avuto a lottare contro inattese difficoltà.

5. » Vedete dunque, o miei cari, come io avessi, oso dire, un’onta da lavare, e perciò vi dicevo che l’amor proprio ci giocava la sua parte nello spingerci avanti, l’anno seguente, benchè la giornata fosse tutt’altro che propizia.

» Avevamo camminato già forse due ore, e i pulviscoli di neve, anzi che cessare, si facevano più grossi e fitti e ormai erano fra loro d’accordo a formare una vera nevicata. Il sentiero si smarriva in una landa che formava il fondo della valle la quale saliva con lieve pendio fino ai lembi dei ghiacciai che discendono dal Passo Martello, il quale mette in comunicazione la Val-Furva colla Val-Martello nel Tirolo. La giogaja dello Zebrù ci stava ritta sulla sinistra. Perduta ogni traccia di sentiero, bisogna pigliar di mira il calle, ossia il punto ove si apre il passo, e attendere a guadagnar terreno, salendo come par meglio. Ma chi ha viaggiato alquanto sui monti, sa che le nubi ne sfigurano singolarmente le vette sicchè è facilissimo ingannarsi. Lo Zebrù inoltre, veduto dalla Val-Furva, offre apparentemente diversi calli; sicchè nacque tra i membri della comitiva una controversia su quello da scegliersi. Ciò doveva naturalmente sfiduciarci non poco. Secondo l’avviso prevalente si sale, si sale, e il calle appare omai vicino. Restava solo da attraversare una dirotta frana, quindi una vedretta1 cioè un pendio coperto di ghiaccio, ma non grande abbastanza per meritare il nome di ghiacciajo. Si imprende dunque a salire per la frana. Era essa composta di un indigesto sfasciume di massi d’ogni forma e d’ogni dimensione, angolosi, acuti, mal fermi, che rendevano assai malagevole il cammino. A gran stento siam giunti al lembo della vedretta; ma il prevosto che, come sempre, ci precedeva, grida che è impossibile l’attraversarla çolà; poichè, diceva egli, il pendio troppo scosceso, ed il sottile strato

  1. Questo nome di vedretta manca al parlare toscano come quello di ghiacciajo; mancando in tutta Italia, fuorchè nella regione delle Alpi, gli oggetti che queste parole significano. — Ghiacciajo è mascolino di ghiacciaja, che i naturalisti tradussero dal francese glacier, dal tedesco gletscher, e dall’inglese glacier, per indicare i così detti ghiacciai di primo ordine, o ghiacciai tipi, cioè le grandi masse di ghiaccio, che dipendono da un circo, ossia da un alto bacino alpino, ed occupano lunghe vallate a lento pendio. — Vedretta è parola usata nelle Alpi di Lombardia e da me introdotta (Corso di geologia, t. I.º pag. 120) come l’unico termine proprio ad indicare quei campi limitati di ghiaccio, di svariatissima forma, isolati sopra pendii in genere più ripidi, proporzionatamente più larghi che lunghi, cui i geologi distinsero come ghiacciai di secondo ordine.