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2. «Ora sì», saltò su a dire la mamma Rosa «dovrebbe essere bello trovarsi lassù con questo fresco in mezzo a quelle montagne, in faccia a quel ghiacciajo».

«State certi», risposi «che per godere di questi spettacoli non fa bisogno di trovarsi lassù nè in dicembre, nè in gennajo. Se vi accadrà di trovarvi sull’Alpi anche nel cuore dell’estate, non sarà difficile che vi sia concesso di assaggiare il freddo e la neve, come qui nel cuore dell’inverno. Mi ricordo d’essermi trovato il giorno 15 agosto sul giogo dello Stelvio, e la neve cadeva così fitta come stasera. Del resto se volete che io continui la narrazione interrotta l’altra sera, non avrò a parlarvi che di freddo e di neve».

«Sì, sì», gridarono i ragazzi; «continua, continua».

«E dove siamo rimasti?».

«Dormivi in quella capanna, là in quel cassone....» rispose Giannina.

«Dormiva.... cioè.... Basta, se ho dormito, il muoversi de’ montanari mi ha svegliato assai presto.

» La mattina è molto precoce in montagna. Il montanaro si sveglia quando il cittadino si addormenta. Parlo però soltanto di quella classe di cittadini che ha il privilegio di nulla fare e di tutto godere, salvo della soddisfazione di sentirsi uomo, ed utile agli uomini. L’alba, attesa sovra un poggio rugiadoso, allo spirar della brezza mattutina, all’impallidire delle stelle, ha dei segreti portentosi per l’igiene del corpo e dell’anima. Ma noi non fummo si fortunati da veder le sue rose sparse sugli eterni candori delle vette nevose. Il cielo era ancora torbido; l’aria umida e fredda.... una brutta mattina. — Che ne dite di questo tempo? — domandammo al più vecchio dei nostri ospiti? — Possiamo avventurarci al passaggio dello Zebrù? —

» Gli alpigiani, come i marinari e come tutta la gente che è di continuo alle prese coi venti e colle tempeste, posseggono da lunghi secoli, non dirò già i portentosi segreti del Pescatore di Chiaravalle, ma i rudimenti di una vera scienza che, se, non formerà la gloria del decimonono, lo sarà certo del ventesimo secolo. Il montanaro strinse le labbra e girò lo sguardo dapprima verso oriente. Apparivano di quei chiarori menzogneri, di quelle radure tra il nuvolo e il sereno che ingannano i malpratici. Lo fissò poscia tra occidente e mezzodì, ove si disegnava dall’andamento delle catene dei monti lo sfondo della Valtellina, quasi un sipario tutto bigio in fondo alle scene. Il cielo, stagnava con nero ingorgo di nubi. Cattivo segno! Tuttavia, siccome una cosa spia-