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72 serata iv


» Bisogna vedere quelle vivaci bestioline, quando il sole di giugno trasforma il ghiacciajo in una montagna di diamanti che si struggono in vivi ruscelli. Guizzano allora nei limpidi pozzetti, saltellano come spiritelli sul ghiaccio, ebbri di una vita che fa un contrasto così singolare col morto elemento che loro è assegnato dalla natura. Oh il sole! egli è veramente l’imagine di Dio. Quanta vita riversa il sole anche in quegli ermi recessi delle Alpi, anche tra i sempiterni squallori dei poli! Con quanta ebbrezza saluterà il Lappone il primo raggio del sole che ritorna dopo più mesi di una notte non mai interrotta!».

«Ma quelle pulci», chiese la Marietta, «come vivono d’inverno quando tutta dev’essere gelata la superficie del ghiacciajo per mesi e mesi?».

«Eh» rispos’io, «passeranno l’inverno dormendo nel ghiac ciajo come le marmotte che vi dormono sulle sponde. Dico così per un supposto; poichè non so che finora nessuno si sia pigliato lo spasso di cercar le pulci sui ghiacciai, durante l’inverno. Ma se il raggio del sole estivo trova ogni anno si numerosa gente che lo saluta giubilando in quei regni di morte, bisogna pur dire che essa trovi modo di passarvi l’inverno allo stato di uovo o di larva, o d’insetto, sul ghiaccio o dentro il ghiaccio».

«Dentro il ghiaccio?... come è possibile?» soggiunse Marietta.

«E perchè no? Ve ne dirò una bella che non l’avrei creduta se non la fosse capitata per l’appunto a me stesso.

13. » Dando una volta lezioni di zoologia durante l’inverno, teneva pronto in un vaso un certo numero di rane, vittime più ordinarie della scienza, che ebbero nell’invenzione della pila e quindi del telegrafo quel merito stesso che le oche nella salvezza del Campidoglio. Faceva un freddo terribile, sicchè una mattina i miei scolari mi mostrarono il vaso impietositi da lagrimevole evento. Le povere rane in un gruppo, formando un sol pezzo di durissimo ghiaccio con quel pochino di acqua che copriva il fondo del vaso, facevano la figura dei traditori nella Giudecca, creazione terribile della fantasia di Dante. Passarono alcuni giorni, nè io pensavo più nè al vaso nè alle poveracce divenute inservibili. Ma intanto il freddo era scemato, il ghiaccio disciolto, e le rane?... Le trovai che saltavano più vive di prima. Tornando però alle pulci del ghiacciajo, io penso che esse passino l’inverno impigliate nel ghiaccio allo stato di uova, come moltissimi insetti, come per esempio, il baco da seta, sbocciando poi la state, quando il sole discioglie la superficie del ghiacciajo».