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la porta del ghiacciajo 67

cano, come uomo che da troppo lungo cammino è costretto alla immobilità. L’azione poi che i ghiacci e le nevi esercitano sulla epidermide, non è forse ancora bene spiegata. Certo coll’influenza della luce riflessa congiura quella dell’aria vibrata, secca, tagliente delle Alpi. Non si fa un viaggio nelle Alpi senza lasciarvi (non per metafora, ma in senso letterale) la pelle. Sui ghiacciai ci si lasciano anche gli occhi. Per buona sorte quella cecità è affatto temporanea, di qualche ora o tutt’al più di qualche giorno, ed uno strato di epidermide è presto sostituito da un altro.... Ma ora risolviamoci a visitare partitamente il ghiacciajo, cominciando dalla porta».

«Di che? del ghiacciajo?» domandò meravigliato il Peppino.

«Sì, del ghiacciajo».

8. «I ghiacciai han dunque proprio le porte?...» soggiunse Peppino.

«Cioè.... mi spiego.... Quella massa di ghiaccio, appena che la temperatura esterna sia superiore a zero, disgela. Principalmente nelle giornate estive, quando il sole vi cuoce le cervella anche sulle cime delle Alpi, il ghiaccio si strugge rapidamente; l’acqua scorre sulla superficie, cola dai fianchi del ghiacciajo, ne penetra la massa che è assai porosa, tutta screpolata, percorsa da larghe fessure, da canali ramificati, e finisce col raccogliersi sul fondo della valle che serve anche di letto al ghiacciajo. Ne risulta un torrente più o meno voluminoso, che scorrendo per disotto al ghiacciajo, vien naturalmente a sbucare alla estremità inferiore di esso. Così la valle è occupata da due fiumi; l’uno di ghiaccio, sodo e lentissimo al disopra, l’altro d’acqua scorrevole, velocissimo al disotto. Quel superfluo di calore, che può mantenere l’acqua riscaldata da’ cocenti raggi del sole, benchè abbia corso sopra un letto di ghiaccio, agisce anche al disotto sul ghiaccio e lo scioglie. Perciò il torrente sbocca d’ordinario da una lunga galleria di ghiaccio, che si apre al di fuori in forma di vera caverna di ghiaccio, quasi un antro di puro cristallo, a riflessi azzurrini, con tinte e sfumature sorprendenti, talora così vasto, così bizzarro, da costituire da sè solo la parte più interessante o almeno più pittoresca del ghiacciajo. Sono queste le anfore, donde versano le linfe i fiumi, come li scolpivano gli antichi sotto le sembianze di vegli canuti, e come li vedete sotto le stesse sembianze assisi sull’Arco del Sempione. Sono queste le origini brillanti del Rodano, dell’Inn, dell’Aar, del Reno, in generale di tutti i grandi fiumi che, dopo aver tra-