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46 serata iii

vano l’aria dei pòrfidi e dei melafiri1. Bisogna sapere che l’alta valle del Cordévole è già celebrata appunto pe’ suoi pòrfidi, e specialmente pe’ suoi melafiri, che offrirono ai geologi argomenti d’importanti osservazioni. Io avevo una gran bramosia di vedere i melafiri, che non mi si erano mai presentati altrove, e di ripetere le osservazioni dei geologi. Espressi dunque ai compagni il desiderio di essere sbarcato sul lido, e di proseguire a piedi quel piccol resto di viaggio che si sarebbe potuto ancora continuare in barca.... Ma che? voi ridete.... To’ là Giovannino, che maliziosamente mi strizza l’occhio quasi per domandarmi se il motivo di chiedere lo sbarco fosse proprio il desiderio di osservare dappresso quei cari melafiri. Posso assicurarvi che il motivo era quello; ma non metterei la mano sul petto per dirvi che fosse il solo. Via, che bel gusto a viaggiare in una barca che fa acqua?... Fatto sta che i miei compagni vennero anch’essi nel mio parere per proprio conto, e in breve ci trovammo tutti sulla via; loro a riprendere i calessini, per continuare il viaggio fino a Caprile; io a battere a piedi la stessa via per osservare i miei melafiri. Ed eran quelli veramente i pòrfidi, i melafiri sospirati, che, associati ad altre rocce in parte d’origine sottomarina, in parte d’origine vulcanica, mi facevan vivo a’ quei tempi lontanissimi, in cui un mare, sparso di vulcani, come quello che bagna l’arcipelago indiano, si distendeva senza confini, là ove or sorgono maestose le Alpi. Come grandeggia questo concetto, quando si è davvero in seno alle Alpi! qui, al piede di quella Civita, che or dispiega in tutta la sua maestà il lato opposto a quello che ci presentava quando eravamo stamani a Listolade!

» La Civita è una delle più stupende montagne che io vedessi mai. Se vista dal lato di sud-est si assomigliava a una gran muraglia diroccata, ora, guardata dal lato di nord-ovest, diviene un immenso castello, turrito e merlato. Ma i merli son rupi, le torri montagne.

6. » Siamo a Caprile. Una vecchia colonna, sormontata dal leone

  1. Nel linguaggio comune il nome di pòrfido indica quella roccia composta di una pasta rossigna, o color cioccolata, durissima, sparsa di macchie bianche, talora rettangolari, che sono cristalli di feldspato, di cui, ai tempi dei Romani, si fabbricavano bacini, e colonne, e statue e altri oggetti di scoltura tenuti in gran pregio. Quella roccia è una semplice varietà di pòrfido, proveniente dall’Egitto, ove venne pure impiegata abbondantemente nella scoltura, e si specifica dai mineralogisti col nome di porfido rosso antico. Molti pòrfidi però si trovano nelle diverse regioni del globo, nominatamente nelle nostre Prealpi. Sono rocce rosse, o verdi, o grigie, composte di feldspato, associato a minerali diversi. Il melafiro è una specie di porfido nero composto di un feldspato particolare, che i mineralogisti chiamano labradorite. I pòrfidi e i melafiri sono lave di antichi vulcani.