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il suo verde cocuzzolo, e quando acquietossi, quaranta villaggi erano scomparsi, e 3000 vittime umane erano immolate. Il disegno del Papandayang, rilevato da Junghuhn nel suo Viaggio a Giava, mostra a tutta evidenza che la montagna fu aperta e sventrata assai largamente, non solo nel mezzo, come avviene ordinariamente, ma anche sul fianco nord-est. Attualmente per giungere al cratere si ascende precisamente per una valle incassata profondamente tra pareti verticali, come la valle del Bove. Il cratere di Papandayang è attualmente vuoto, perchè il vulcano, passata quella sfuriata, si mise a sonnecchiare in una fase pozzoliana, contento di mandar fumi vaporosi, e vapori, creando per trastullo vulcanetti di fango e fontane bollenti. Ma se il Papandayang si ridestasse, e continuasse attivo come il Vesuvio, come l’Etna; un cono centrale nascerebbe, rimanendo scoperta soltanto la parte laterale della squarciatura. Il Papandayang allora diventerebbe come l’Etna, nè più nè meno. Il Papandayang in somma racconta il passato dell’Etna, come l’Etna predice il futuro del Papandayang, nel caso che quest’ultimo si ridestasse, e creasse un nuovo cono in seno alla vecchia squarciatura.

8. » Non ho più nulla a dirvi sulla valle del Bove, dalla quale uscimmo rifacendo la strada, dopo parecchie ore di faticoso cammino. Da Zafferana, dove tornammo qualche ora dopo mezzogiorno, si voleva discendere a Giarre per passarvi la notte. Dovendo fare un’altra buona camminata dopo una camminata si lunga, si aveva ormai appena fiato di guardare a quel paesaggio così ricco e così bello, a quella serie di colti, che sono giardini, e specialmente a quei grandi vigneti che erano precisamente allora tutta una gazzarra di copiosa vendemmia. La via da Zaffe rana a Giarre passa sotto il luogo dell’ultima eruzione che avvenne nel 1865. Il 3 gennajo di detto anno, in seguito a forti scosse e rombi sotterranei, una viva luce apparve alla base del monte Frumento, il più elevato fra i coni a cratere sul fianco nord-est dell’Etna. Il monte suddetto si era da cima a fondo spaccato nel mezzo e la lava, traboccando a torrenti, disegnava una spaccatura che s’inalzava verso la cima dell’Etna per una lunghezza di 380 metri. All’estremità inferiore di essa sgorgava l’enorme corrente, sulla quale nacquero otto coni, ciascuno col rispettivo cratere, disposti su una linea di 800 metri. Avremmo desiderato di salire fino al teatro dell’eruzione: ma l’ora si faceva tarda, e le gambe vantavano diritti straordinarî al riposo. La lena con cui ci avevano prestato il loro servizio da Nicolosi