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il lago d’àlleghe 41

lungo la via. Ci attendeva una flottiglia di sei barchette, allestita e pavesata a festa, con gentile pensiero, da quei di Caprile. Que’ rozzi schifi non erano tali davvero da fare a fidanza colla tempesta; ma su quello stagno così tranquillo, e’ sarebbe parso di poter navigare in grembo ad una foglia. Gli alpinisti vi si distribuirono alla meglio; ma siccome non erano punto da paragonarsi alle foglie che si levan d’autunno, come le anime che Dante vedeva gittarsi dal lido nella barca di Caronte1, così vi so dir io se le sponde di quelle barche si facessero basse sotto l’insolito pondo. Ma ormai, tutti hanno trovato il loro posto; i rematori pontano coi remi contra la riva; le barche si staccano, ed ecco il Club alpino galleggiante sulle onde. La flotta è preceduta da una barca, in cui la banda, dando fiato ai clarini, alle trombe, ai tromboni, fa risonare il caro concerto della fanfara reale in quell’estremo recesso delle Alpi, là, sui confini una volta così gelosi dell’Austriaco. Gli echi ridesti si ripetono l’un l’altro le festose note; tutto risuona, tutto ride, tutto tripudia.... Cent’anni or sono non era così.

» Cent’anni or sono ben altro suono ridestava gli echi atterriti delle montagne. Gridi di spavento, urli di disperazione, gemiti di morenti, squallore di morte, desolazione e rovina, ecco lo spettacolo che presentava, cent’anni or sono, quella pacifica valle! Seduto nella mia barchetta, colle braccia conserte, in mezzo ai suoni festosi, ai lieti cicalecci, fui assalito un momento da cupa tristezza. Era una pura, fortuita coincidenza; ma mi sembrava un delitto celebrare in tal modo il centenario di quell’orrenda catastrofe.

3. » Cent’anni or sono il lago d’Àlleghe non esisteva. Sul piano, che or si distende a quasi cinquanta metri di profondità sotto il pelo delle acque, errava serpeggiando il Cordévole, sorgevano abituri e villaggi, si distendeva un tappeto di erbe smaltato di fiori, e il montanaro, seduto al rezzo di una pianta, si vedeva d’intorno pascolar tranquillo il bestiame....

» Era la notte dell’11 febbrajo 1771. D’un tratto un rombo, crescente a guisa di tuono prolungato, rimbomba nella valle. Gli abitanti di Alleghe e di Caprile si precipitano atterriti dai loro

  1. Come d’autunno si levan le foglie,
         L’una appresso dell’altra, in fin che ’l ramo
         Rende alla terra tutte le sue spoglie;
    Similemente il mal seme d’Adamo
         Gittansi di quel lito ad una ad una. Inf., III.