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40 | serata iii |
quell’istante, furiosamente capovolto da un terremoto. Vi ricordate quei versi di Dante?... che gusto a prenderne un momento a prestanza la penna divina, proprio quando la nostra ci si arresta sospesa fra le dita, come la lingua tra le fauci di un muto:
Qual è quella ruina, che nel fianco |
» Ma su quel cumulo di massi avevano trovato modo di abbarbicarsi gli abeti, che uscivano, quasi di straforo, tra rupe e rupe, e, radi dapprima, si facevano più fitti verso il fondo della valle finchè una vera foresta copriva l’immensa lavina di cupe ombre, da cui spiccava qualche bianca casina, posta come in bilico sui massi neri e minacciosi. Il torrente, spinto contro l’opposta montagna, usciva dal labirinto di quella secca quasi studiando il passo tra rupe e rupe.
2. » In quella che, rasentata la frana, valichiamo il torrente, portandoci dalla destra sulla sinistra, ecco un vasto bacino, ecco il lago d’Àlleghe, disteso a modo di limpido specchio, entro una cornice di ridente verzura, da cui spicca una fantastica corona di ignude montagne, che sostengono una vôlta di purissimo azzurro. Che delizioso passaggio! come sorride, di lontano, specchiandosi nel limpido lago, il vago paesello d’Àlleghe, colle sue pittoresche casipole, col suo campanile, acuto come il ferro d’una lancia! Vedeste voi mai uno di quei tanti laghetti, che si scoprono d’improvviso negli alpini recessi! qualcuna di quelle gemme, incastonate nel verde degli abeti, fra le rupi silenziose e severe? Che senso di calma, di soave mestizia, spirava da quelle acque così tranquille, così limpide, così trasparenti, benchè imbrunite dal riflesso di un cielo dell’azzurro più carico? Ma il lago di Àlleghe non era in quel momento atteggiato a mestizia, e sembrava rispondere con lieto sorriso alle voci di esultanza di ospiti attesi da lungo tempo.
» Io giunsi forse l’ultimo alla sua riva, e vi trovai già raccolti gli alpinisti, che s’erano prima sbrancati, a larghi intervalli,