Pagina:Stoppani - Il bel paese - 1876.pdf/452

446 serata xxvii

vibrato, non permettevano che i grumi di lava si arrestassero altrove che all’ingiro. L’orifizio risultante deve dunque essere vuoto nel mezzo. Mano mano che il getto scemava d’intensità spingendosi in alto, i grumi di lava potevano ricadere e arrestarsi più presso al centro. Il vuoto interno doveva quindi risultare largo al basso, e stretto in alto, prendere cioè la forma di un fiasco. I coni nati in questa guisa si indicano infatti dai geologi come aventi la forma di un fiasco o di una bottiglia, e si formano precisamente nel punto ove un getto di lava esce all’esterno con un getto di vapore. Quello dei coni del 1868 che io esaminai più attentamente, e che appariva, se ben mi ricordo, come il più prossimo al centro del Vesuvio, presentava meravigliosamente questa forma di cono a bottiglia, e si sarebbe creduto veramente un gran fiasco vuoto a cui avessero troncato il collo. Dalla parte dell’Atrio, rimontando la corrente solidificata, si riusciva a una porticina d’ingresso nel cono, tenuta aperta dalla lava che di là era sgorgata a mo’ di fiumicello. Entrando per quella porticina mi trovai nel mezzo del fiasco, ossia sotto una specie di campana di vetro opaco, composta di scorie e di grumi appiccicati l’uno all’altro. Si sarebbe detto che alcuno si fosse divertito a fabbricare quella campana, lasciando cadere l’una sull’altra un gran numero di gocce di vetro nero. In alto, nel mezzo, in corrispondenza colla troncatura del fiasco, ossia del cono, esisteva un ’ apertura circolare, come una piccola lanterna, la quale rischiarava quell’antro misterioso. Grazie alla luce che pioveva abbondante, vidi quel chiostro essere come una caverna coperta di vaghe stallattiti di lava nera. Evidentemente i grumi più pastosi, male appiccicati alla volta, scendevano giù stirandosi, e prendendo esattamente la forma delle stallattiti calcaree. Quelle stallattiti e poi tutto l’interno del cono erano ingemmati da un numero infinito di particelle finissime di ferro oligisto. Quel ferro era stato prodotto da una sublimazione, che aveva avuto luogo sulla fine dell’eruzione, e aveva quindi coperto di cristalli di ferro le parti interne più superficiali di quell’antro, e anche le scorie superficiali a fianco della corrente. Quando il vento all’esterno soffiava nelle trite scorie, sollevavasi una polvere d’argento maravigliosa a vedersi. Essa era tutta composta di particelle di splendido ferro oligisto. Pigliando un pezzetto qualunque di quelle lave così incrostate e movendolo al sole, brillava tanto che si sarebbe detto coperto di una moltitudine infinita di piccoli diamanti. Più superficialmente ancora le