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444 serata xxvii

lave, guadagnai il noto sentiero che riconduceva all’Osservatorio, discesi fino al mare, e fui in breve di ritorno a Napoli. Di ciò che vidi, tornandovi nell’agosto vi intratterrò la volta ventura».

9. «Ma è ancor presto assai», disse la Marietta. «Potresti bene ultimare la narrazione, descriverci questo apparato di una eruzione laterale».

È vero; è ancor presto. La descrizione non è poi cosa che debba riuscire così lunga. — Verso la metà d’agosto di quello stesso anno (1869) io ripartiva da Milano per Napoli, lieto di poter soddisfare a due curiosità, che invece di diminuire erano cresciute coll’aspettazione. La prima curiosità era quella di cacciare gli occhi nel nuovo cratere, cresciuto nel mistero e da nessuno ancor visto. La seconda era di esaminar l’apparato dell’ultima eruzione.

» Eccomi in via per la terza volta con sette od otto amici, tutti naturalisti, chi botanico, chi raccoglitore d’insetti o di minerali. Parecchi non avevano ancor visto il Vesuvio. Vi porterò tosto alla cima, cioè sul ciglio del vecchio cratere, e al piede del nuovo cono. Dal giorno in cui l’avevo visto l’ultima volta, la montagna aveva sempre continuato la sua fumata, e fumava ancora. Le sublimazioni cristalline erano scemate assai, guaste inoltre dalla pioggia. Il vento soffiava approssimativamente da nord-ovest, e pigliandolo pel suo verso si poteva avvicinarsi più facilmente alla vetta, cioè al ciglio del nuovo cratere. I vapori solfurei, però, mi sembrarono più intensi e più acri. È una cosa notata questa, che i vapori, durante la fase pozzuoliana, diminuendo di quantità crescono di forza, cioè si fanno più ricchi di gas e di altre sostanze minerali. La salita del cono terminale si rendeva per questo ardua assai. Impegnata la zuffa tra i polmoni e quei vapori soffocanti, era di tutti un tossire, un ridere, un gridare, e tutto come d’uomo che si sente soffocato il respiro. I più si tengono basso, per avere un’aria un po’ respirabile: alcuni quasi raggiunto il ciglio del cratere, scendono con fuga precipitosa e si portano fuori del tiro. Per buona sorte avevamo una guida coraggiosa e anche un pochino entusiasta, ed io d’altronde, forse in grazia de’ miei buoni polmoni, mi sentiva in grado di affrontare quei micidiali vapori. Fatto sta che un po’ sforzandomi da me, un po’ tirato dalla guida, cogli occhi lagrimosi, col respiro soffocato, mi trovai sull’orlo del cratere, dove la guida, al colmo dell’entusiasmo tenendomi anzi tirandomi, per l’abito, sembrava