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il vesuvio mutato in colle fiorito 439

del Vesuvio trasformata in colle erboso e fiorito?... Vi assicuro, o miei cari, che quello spettacolo era eccitante. Anche i più freddi ne furono commossi. Quanto a me non ne aveva mai veduto nè letto nulla di somigliante, e forse nessuno di quelli che scrissero sui vulcani ebbero mai la bella sorte di assistere a uno spettacolo così bello, di sorprendere un vulcano in questo momento, direi, di pompa primaverile, tutta plutonica, di osservare insomma, in una occasione così opportuna, un vulcano nella sua fase pozzuoliana. Il cono era veramente divenuto un colle erboso e fiorito. I muschi più soffici che vestono l’umida valle, o tappezzano i tronchi dell’annosa foresta; i licheni più dilicati che prestano agli abeti le barbe paglierine, o picchiettano le rupi di chiazze variopinte; le conferve più dilicate, che rendono simile al prato il fondo del limpido stagno; le spume più leggere che ribollono sul turbinìo di una cascata; le piume degli uccelli palustri, che imitane coll’intreccio di appena visibili filamenti le soffici spugne; tutto si vedeva lassù, tinto dei colori più vivaci e dilicati. Ma, badate bene, i muschi, i licheni, le conferve, le spume, le piume degli uccelli palustri, tutto è di cristallo. Ogni foglia, ogni filo d’erba, ogni fiore, tutto insomma quanto entra nel miracoloso ordito di quel tappeto di verdura e di fiori, è intessuto di migliaja di gemme, dove brillano i più vaghi colori. Il verde più carico passa al paglierino piu delicato, quindi all’oro più splendido, e questo all’aranciato più vivo, e quindi alla porpora più sfarzosa, al cinabro più ridente, al rosso più infocato, con tutte le tinte più graduate, in tutti i toni possibili. Il sole nascente desta l’iride tremolante in mezzo ai vapori, il suo sorriso scintillante si ripete brillando su mille faccette diamantine, che imitano il collo della colomba, la fantastica coda del pavone, il divino mantello del colibrì. Tutto chino per meglio osservare, tu sollevi una di quelle zolle ove cresce una vegetazione si nuova. Invano! gli è come voler staccare, per farne un mazzolino, i fantastici fiori di cui la brina adorna i rami denudati e stecchiti dall’inverno. Quelle zolle sono coperte, non già di verzura, ma di barbe e di chiome finissime, quasi finissime piume: e i peli, i capelli altro non sono che fili di cristalli, che si rompono, si sciolgono quasi al solo guardarli. Bisogna vedere, osservare, ammirare, ma non toccare.

4. » Ma che è tutto codesto?... Voi non intendete.... Capisco. Non vi ho detto nemmeno abbastanza perchè mi possiate intendere. Vi ho detto semplicemente che il Vesuvio si trovava nella sua fase pozzuoliana, e in uno dei momenti più brillanti di essa.