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una volata 433

così a tu per tu col Vesuvio, ed ogni volta che il bestione, dopo aver rantolato più forte, la finiva con uno scoppio ed un getto di pietre maggiore dell’ordinario, l’Inglese batteva le mani, applaudendo, come fosse in teatro. E’ mi richiamava quei brutali Spagnuoli, che battono le mani e gridano: — Bravo toro! — quando l’animale inferocito, inforca colle corna e butta in aria un cristiano.

11. » La discesa dal cono fino all’atrio del Cavallo fu una vera rivincita sopra la fatica sostenuta nell’ascendere, e quella durata per uscire dal cratere. In quell’epoca, dalla cima del cono fino all’atrio del Cavallo, il fianco settentrionale del cono era coperto di un grosso strato di sabbia scorrevolissima e di lapillo, e la discesa era tale da quella parte. Come si fa quale la trovereste per ripetere la similitudine, se la montagna fosse un gran mucchio di miglio o di grano turco. Discendere ad agio è impossibile; ai primi passi sentesi il suolo mancare sotto i piedi; la montagna sembra sfasciarsi; vi par d’essere senza appoggio, quasi in aria, sopra nubi polverose e di rotolar giù a precipizio. Ma pur si cammina.... pur si discende. La via e il viandante discendono insieme. I passi si alternano con velocità sempre maggiore, sotto i passi si muove l’orma, e intorno all’orma si muove il suolo dell’orma improntata; esso par che v’inghiotta, e voi sempre a galla; nè si sfonda, nè si incespica, nè si stramazza. Dunque giù a salti, a balzelloni, quasi volando sopra una nube di polvere, confusi entro un’aureola di polvere, e sotto i piedi un fragore, un crepitio sonoro, metallico, quasi scendesse al tutto disciolto un sacco di carbonella. Finalmente ci troviam fermi nell’Atrio. Guardiamo l’orologio.... sette minuti per discendere dal cratere all’atrio del Cavallo! Sette minuti per far quella via, che nel salire ci era costata almeno un’ora e mezzo!... È uno spasso che i visitatori del Vesuvio hanno goduto fino al 1869».

«E perchè soltanto sino al 1869» domandò la Marietta.

12. «Lo vedrete, poichè intendo di ricondurvi meco al Vesuvio appunto nel 1869. Intanto questa prima gita che insieme abbiam fatto, vi può aver dato un’idea della fase stromboliana, nella quale, come vi dissi, si trovava allora il Vesuvio».

«Ma» riflettè la Marietta, «lo Stromboli ce l’hai descritto ben diversamente. Non ci hai detto che il Vesuvio ti si presentasse come una caldaja bollente, dove la lava si alza e si abbassa, a modo di bollente pece. La lava tu nemmen la vedesti».

«È vero: ma, se rifletti meglio, fra lo stato ordinario dello