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entro il cratere 431

e scesa giù in fondo si trovava in un mondo di fuoco, sopra un mare di lava, bollente nel furore della tempesta.

8. » Non sazio di guardare, ma pur desideroso di più vive impressioni, e di più proficui studî, pensai fra me: — se fosse possibile discendere?... calarci giù nel cratere?... ficcare lo sguardo più davvicino entro la bocca di quel cannone caricato a mitraglia?... — Fino a quel tempo il cratere era rimasto inaccessibile: da due o tre giorni però alcune frane, staccatesi dal recinto, si erano disposte a scarpa, e rendevano, se non agevole, possibile la discesa. La guida, benchè prudentissima, si esibì di condurci giù in fondo. Ci levammo allora, e camminando sul labbro occidentale del cratere, giungemmo nel punto opposto, cioè sul lato di sud-est, dove una frana prometteva più facile e più breve la discesa. Non si trattava che di discendere, o piuttosto di lasciarci sdrucciolar giù: sopra un mucchio di secchi lapilli, in mezzo ai vapori solfurei, il che fu eseguito senza alcuna difficoltà. Imaginatevi se io era contento di trovarmi così tosto sul fondo di quella voragine che avevo contemplato dall’alto; di posare il piede su quel pavimento di lava ancor caldo, e di trovarmi alla base del piccolo cono, teatro di così stupendi fenomeni. Intanto una brigatella di tedeschi era comparsa sull’orlo del grande cratere, e giratolo nel nostro senso, cioè da nord-ovest a sud-est, si era arrestata un po’ prima, pigliando di mira un’altra frana, che la loro guida aveva preferito di scegliere per la discesa. La nostra non mancò di tacciare d’imprudenza il collega, come avesse preferito un passo difficile e pericoloso. Perchè non pensassimo che il suo giudizio fosse suggerito o da invidia, o dalla voglia di dir male dei fatti altrui, eccoti una frana staccarsi proprio nell’atto che i nuovi arrivati scendevano per l’aspra china, ed uno di essi dovette alla propria destrezza se non rimase acciaccato o peggio da un masso, che si dirigeva, scendendo rotoloni, alla sua volta. Ma quella lezione non bastava. La guida imprudente voleva fare il bravo, e spinse gli improvvidi tedeschi a salire il piccolo cono, fino alla bocca aperta e fumante. Mentre la nostra guida crollava la testa in atto di disapprovazione, io pensava fra me se mai non avessimo a che fare con un pusillanime, che ci impedisse l’eroico piacere di spingere anche noi lo sguardo, fin dove si potesse giù in fondo. D’un tratto il gigante s’infuria e con rantoli più spessi e più forti, seguiti da più terribile detonazione, lancia una colonna di densissimo fumo, con una girandola di pietre veramente formidabile. Fu allora soltanto che io distinsi delle pietre veramente