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tatori. Sul principio del dicembre dello stesso anno, un certo tale si era recato sulla vetta del cono. Qual fu il suo stupore quando potè accertarsi che il fondo del cratere si era sollevato! Sparsasi la paurosa novella, altri più tardi corrono a verificare il fatto. Oh spavento! Il fondo del cratere si era sollevato fin presso il suo labbro!... Alla vegetazione, quasi distrutta, eransi sostituiti dei fanghi bituminosi e solfurei. Intanto l’ululato dei cani, il muggito del bestiame e le strida degli uccelli erano tristi presagi di luttuosi avvenimenti1.

» Eccoci al giorno fatale! Nella notte del 15 al 16 dicembre, incominciando dalle 10 pom., i terremoti imperversavano oltre misura. Si contarono fin cinquanta scosse, che si succedevano con furore sempre crescente. Erano il prologo della spaventosa tragedia. L’alba appariva in un cielo perfettamente sereno, e Napoli dormiva ancor tranquilla, non presaga della tempesta che le si addensava sul capo. Alcuni campagnoli che si recavano alla città, videro d’un tratto una gran colonna di denso fumo sollevarsi sulla vetta del Vesuvio. La voce di un fatto così straordinario si sparge rapidamente per la città: le piazze, i terrazzi delle case, tutti i luoghi da cui si poteva vedere il Vesuvio sono in pochi istanti gremiti di spettatori. Lo spettacolo era veramente straordinario. Il sole si levava in quel punto, e sul fondo azzurro, radiante del cielo, spiccava una enorme colonna di fumo, tutta d’un pezzo, biancastra all’esterno, poi nerastra, lurida e d’un rosso scuro al centro. Quella colonna, levatasi al di sopra delle regioni delle nubi, si arrestava ad un tratto, e dilatandosi orizzontalmente in vortici ondosi, presentava quella forma di pino che Plinio aveva così bene descritta. E la chioma del pino si andava allargando a dismisura, pigliando le forme più bizzarre, che all’immaginazione del popolo erano mostruosi elefanti, chimere, colossi minacciosi. Lampi, a guisa di grandi strascichi di fuoco, solcavano quella nube, e s’udivano detonazioni e rumori simili a quelli del tuono. Al tempo stesso vedevasi la montagna lanciare in aria, con spaventevole fracasso, enormi pietre infiammate, che cadevano a grandi distanze, e cominciarono a piovere, in copia

  1. Si notò come i terremoti e in genere i grandi sconvolgimenti della natura producano sugli animali una impressione profonda di terrore. I diversi scrittori, che parlano dei terremoti, dei suoni notturni, dei fuochi e quasi con certezza delle eruzioni vulcaniche che desolarono la Francia centrale nel secolo V dell’era volgare, descrivono i timidi cervi e altre bestie selvatiche che vengono a rifugiarsi entro le mura delle città. Lo stesso durante la terribile eruzione del Conseguina (America centrale) nel 1835.