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eruzione del 1631 415

Plinio e che, per buona ventura, fu molto ben descritta da parecchi testimonî di veduta».

4. L’uditorio dà segno di viva attenzione, ed io comincio1.

«Eccoci al 1631. Da più di tre secoli il Vesuvio, sommerso in una specie di letargo, lasciava credere ai tranquilli coltivatori del suo bel cono, d’aver chiuso l’egira2 delle sue spaventevoli devastazioni. Vuolsi da taluno che un legger soffio di vita si fosse manifestato nel 1500. Non v’ha dubbio intanto che il Vesuvio era spento da 130 anni. Era un periodo di riposo abbastanza lungo, perchè la generazione vivente, anche i più vecchi, non avessero nessuna esperienza, forse nemmeno un ricordo delle sue smanie. I coltivatori di quella montagna erano andati sempre più guadagnando terreno, e ormai i floridi colti si erano spinti fino alle basi del gran cono che sovrasta all’atrio del Cavallo. Il piano stesso dell’Atrio, non altro in oggi che un gran lago di lave, era convertito in una specie di ericaja seminata di arbusti e di macchie, e la ginestra, sempre prima a prendere possesso delle rupi ignude, si era arrampicata sui fianchi stessi del cono. Ma gl’indizî più menzogneri di pace erano offerti da quello stesso cratere, che aveva mossa le tante volte a quelle campagne la più terribile guerra. Chi guadagnava la sommità del cono, si vedeva sull’orlo di una voragine della circonferenza di 2 chilometri, e della incredibile profondità di 150 metri3. Ma quel botro non presentava nulla di spaventoso allo sguardo. Era una specie di vasto anfiteatro, la cui arena era coperta di lussureggiante vegetazione. Alle fragole ed alle altre piante erbacee, che ne tappezzavano le pareti, succedevano, ove l’opportunità del suolo lo permetteva, le querce, gli olmi, i tigli e i frassini. Per un sentiero tortuoso i pastori scendevano a pascervi i loro greggi, mentre il cignale si teneva nascosto nel folto delle macchie. Un piccolo piano seminato di pietre vulcaniche, e qualche bacino di acque calde, talora acri o salate, erano i soli indizî d’una attività che non si poteva dire assolutamente cessata. Ma ecco, verso la fine del 1631, alcune scosse di terremoto cominciano a rendere sospetto il Vesuvio a’ suoi troppo fiduciosi abi-

  1. I particolari dell’eruzione del 1631, conservatici da parecchi autori napoletani, furono recentemente raccolti dal sig. H. Le Hon, nella sua Histoire complete de la grande eruption du Vesuve de 1631. Bruxelles, 1865, alla quale specialmente mi attengo.
  2. Dicesi egira l’era dei Turchi, che cominciano a contare dal tempo in cui Maometto fuggì dalla Mecca. Il primo anno dell’egira corrisponde al 642 dell’era volgare.
  3. Nell’opera del Le Hon dicesi 1500. Non può essere che un errore di stampa.