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caso, allo spettacolo di una eruzione del Vesuvio, che sorge precisamente sullo sfondo di quel gran teatro. E, sapete?... è anch’esso un vulcano il Capo Miseno; un vulcano spento, s’intende; ma col suo cono, col suo cratere, come il Vesuvio, salvo che è assai più piccolo, e rovinato dalla furia del mare, che ne rivelò magnificamente l’interna struttura, tanto che i geologi hanno potuto risparmiarsi la fatica di far l’anatomia di un vulcano, per vedere come nascono e crescono quegli animali di nuovo genere, che vivono di ciò che rigettano1. Eccone quì il disegno, ossia uno schizzo piuttosto teorico. Vedete come si distinguono gli strati di materie eruttate, sovrapposti successivamente gli uni agli altri, formanti un cono svasato nel mezzo, e mezzo demolito dalla furia del mare che da tanti secoli ne flagella la base. Tornando dunque a Plinio, egli stava facendo la siesta nell’ora più calda, quando la sorella gli viene a dire che si vede là in fondo, chi sà da quale montagna, levarsi una gran nube, di forma assai strana. — Sorgeva, scrive Plinio nella sua lettera, una nube che, per la forma e l’aspetto, non potrebbe che paragonarsi a un albero, e tra questi, per eccellenza, ad un pino. Essa infatti, distesa in alto, quasi portata da lunghissimo tronco, si diffondeva in rami diversi2. — E non si poteva meglio descrivere, incidere, per dir così, la forma di questa nube, cioè di quel getto di vapori che si slancia dalla gola di un vulcano al momento dello scoppio».

«E perchè piglia quella forma?» domandò tosto la Camilla.

«Non hai mai veduto scaricarsi la caldaja di un battello a vapore, quando è giunto in porto, oppure una qualunque caldaja di una macchina a vapore?... Il vapore a forte tensione esce, ruggendo, dal tubo scaricatore, e si presenta come un getto tutto d’un pezzo, della forma stessa del tubo: ma, giunto a una certa altezza nell’aria, d’improvviso si distende orizzontalmente, in globi vorticosi, e presenta abbastanza bene esso pure, se l’aria è tranquilla, la figura della chioma globosa di un pino, che si distende a modo d’ombrello, sopra un tronco cilindrico, diritto ed asciutto. Ma il pino di un vulcano è ben altra cosa è un pino

  1. Poullet Scrope, nella sua opera sui vulcani, offre il disegno del Capo Miseno, come una splendida prova del fatto che le montagne vulcaniche si formano, non per sollevamento, come, col celebre De Buch, credevasi universalmente, ma per la sovrapposizione delle materie mano mano eruttate dall’orifizio vulcanico.
  2. Nubes oriebatur, cujus similitudinem et formam non alla magis arbor, quam pinus expresserit. Nam longissimo veluti trunco elata in altum, quibusdam ramis diffundebatur.