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384 serata xxiii

volte in un giorno su quelle vie scoscese. I bovari, ch’erano seduti sui gioghi, si lanciano sulla via e si trovano a fianco di quelli che camminavano a piedi; ed eccoli tutti quanti addosso ai poveri buoi, urlando e figgendo spietatamente a colpi replicati la lunga punta dei loro pungoli nelle vive carni delle povere bestie. I buoi aizzati si contraggono, pontano, strisciano quasi col ventre a terra; tutti i muscoli si disegnano sotto la pelle, che tutta si tende come un sistema di corregge. Ma il carro non si muove.... esso è lì confitto come una rupe. Si raddoppiano gli urli a cui si aggiungono talora, con accordo infernale, i muggiti tremendi, dolorosi, penetranti che i buoi gettano all’attacco feroce del pungolo, i cui colpi son divenuti più implacabili e più spessi. Ormai tu non vedi che un gruppo di corpi tesi, di facce stravolte, di occhi injettati di sangue, di bocche sbuffanti d’uomini e d’animali, in mezzo a una nube di polvere che si appiccica alle nari, agli occhi, alle orecchie. D’un tratto il carro crepita, cigola, e si butta innanzi con fracasso orrendo, con islancio repentino e formidabile, quasi desto all’improvviso da un soprassalto di vita. La catena di dietro si tende, e il masso, che dormiva impassibile infossato nella polvere, sveglio da uno strattone villano, ricomincia i suoi grotteschi tomboli dietro il carro, che trionfalmente discende».

4. «È uno spettacolo crudele codesto», si alzò a dire la Cia tutta corrucciata.

«È crudele davvero; e non credere che io ci dovessi pigliare spasso come di cosa amena. Ma poi il pensarci mi richiamava alla mente altri spettacoli più crudeli. Ricordavo specialmente quegl’immensi bassorilievi (se così si possono chiamare) di Ninive, in cui avevo visto ripetersi fino alla noja la scena altrettanto monotona quanto feroce di lunghe file di prigionieri o di schiavi, attaccati ad una corda, che terminava in qualche enorme monolito, e a intervalli, a fianco dei poveri condannati, i barbari custodi, armati di lunghe fruste, pronti a flagellare spietatamente chiunque allentasse un istante. Ricordavo le non molto antiche galere, dove centinaja di galeotti, nel fondo oscuro di una bassa stiva, legati alle panche, inarcavano il dorso sui remi, con cadenza misurata dai colpi di sferza dell’odiato nostròmo1. Ricor-

  1. Nostromo, maestro d’equipaggio è l’uffiziale marinajo che reca all’equipaggio gli ordini dell’uffiziale comandante, e ne cura l’eseguimento. Nelle antiche galee, spinte a remi dai condannati e dagli schiavi, l’ufficio del nostromo era naturalmente odiosissimo.