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374 serata xxii

di lontano, quelle spume, sempre immobili allo sguardo, perchè sempre rifatte dalle onde che s’incalzano incessanti, sono veramente il simbolo delle cose di quaggiù, ove tutto si rimuta, e tutto perdura; simbolo specialmente dell’umanità, sempre rifatta dalle generazioni che s’incalzano e muojono. Povere spume!... Muggono, ribollono un istante, e silenziose svaniscono, così che non t’accorgi nemmeno che siano svanite, perchè altre spume muggono, ribollono e svaniscono in loro luogo.

» Per lungo tempo godemmo di quel sublime spettacolo, per correndo, sempre in vista del mare, quella cortina di montagne che separa la val d’Arni dalla valle di Terrinca, per giungere al Covigliajo, il vero passo a cui mette capo la via che guida al paesello di Arni. Qui si comincia a discendere.

5. » Spiacemi di dover ripetere la similitudine; ma che farci, se bisogna veramente che io paragoni la val d’Arni, come già l’alta valle di Terrinca, ad un vasto cratere dall’orlo dentato? Le maggiori cime, che si slanciano dalla muraglia irregolare del circo, cingendo quasi di un diadema la valle, sono il monte Corecchia a levante, l’Altissimo a ponente, e a settentrione la Cima del Vestito, il monte Sella, il monte Fiocca e il monte Sumbra. I fianchi di quelle montagne sono incisi da un gruppo di valli, percorse da altrettanti torrenti, che discendono come raggi dalla periferia al centro di un imbuto, ossia al fondo del bacino. Tutti quei torrenti, finchè corrono isolati pel rispettivo pendio, benchè poveri d’acque, rumoreggiano e spumano. Ma, cosa singolare! sul fondo ove tutti si accostano, in luogo di unirsi a dar vita a più vasto torrente, si perdono prima d’incontrarsi. In luogo di un torrente, non abbiamo che un letto asciutto, tutto sparso di massi di candido marmo. Quel letto, quei massi, dicono certamente che nelle grandi piene il torrente si forma; ma presto anche si sfoga la piena per lasciare il letto all’asciutto. Imaginatevi che il letto del torrente è la consueta, anzi l’unica via che seguono i montanari della val d’Arni per andare a Castelnovo, che è come il loro capoluogo».

«Ove si smarriscono quelle acque?» domandò attonita la Giannina.

«Nulla di più semplice per chi osserva un pochino la natura di quel fondo. Pensa che da migliaja e migliaja di anni que’ monti, quasi tutti di puro marmo, si sfasciano, e i massi duri, angolosi, rotolano giù giù finchè si arrestano sul fondo, ove da migliaja d’anni si accatastano gli uni sugli altri. Essi hanno così colmata