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valle di terrinca 373

stono il pendio. Mano mano che si ascende sopra Terrinca, la verzura si dirada e l’amena valle si va mutando in un borro irto di rupi. Così guadagnammo le alture apuane, ignude, aspre, diroccate, come le cime delle nostre Prealpi. Ormai non ci rimane che scavalcare una cortina di rupi, tesa fra il monte Altissimo e il monte Corecchia, e vedremo la val d’Arni. Eccoci infatti al passo de’ Fordazzani. L’occhio si arresta attonito su quelle ignude montagne che gli serrano così addosso l’orizzonte a settentrione, quindi piomba giù giù in quel solitario bacino della val d’Arni; ma si torce ben presto a mezzodì, attratto ancora dalle incantevoli scene che fecero la salita così dilettosa. Non c’è di meglio che portarsi su quell’altura per formarsi un concetto delle Alpi Apuane. Sono esse, lo ripeto, tali e quali le nostre montagne, le nostre Prealpi. L’occhio d’un Lombardo, ingannato da quella dolce illusione, scorre giù giù cercando l’immenso piano ov’è solito posarsi inebbriato: già gli pare di percorrere lentamente le amene campagne, i prati verdeggianti, i campi biondi di spighe, i vigneti disposti a gradinate sui colli, o in densi filari nel piano; di studiare quel serpeggiamento di vie biancheggianti; di andar vagando fra gli sparsi casolari, cinti da un’aureola volubile di fumo: già gli pare di distinguere le ville solitarie fra le ombre studiate dei parchi e il sorriso degli aperti giardini, o di riposarsi sui villaggi, sui borghi, sulle città lontane, di cui riconosce le torri, incantato da una scena, ove gli oggetti che la rendono così varia ed animata si confondono e sfumano da lontano nella nebbia leggera d’un orizzonte, il cui lembo è disegnato, quasi da una serie di sfumature, dalle Alpi e dall’Apennino. Ma no; dalle alture delle Alpi Apuane lo sguardo si posa immediatamente sul mare, e vi rimane immobile, assorto in quella uniforme immensità. Ecco ciò che distingue affatto le Alpi Apuane dalle nostre Prealpi, e ci prepara impressioni affatto nuove in seno a que’ monti, i quali non sarebbero altrimenti che un richiamo dei nostri.

» Guardando giù nella valle per la quale siete saliti, le rupi che la fiancheggiano, che vi si erano già chiuse dietro le spalle, somigliano all’orlo d’un cratere. La loro cerchia dentata, a spigoli così vivi, così acuti, si projetta, quasi sulla tersa superficie d’un immenso specchio, immediatamente sul mare; sul mare, azzurro come il cielo, di cui riflette l’immensità. Ove la cerchia di quelle rupi è più profondamente intaccata, una striscia, bianca, immobile come un cordone di neve, vi disegna il lido. Vedute così