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bigi, plumbei, rossi, d’ogni colore, impastati di frantumi di roccia, goccianti acqua salata, sparsi di gesso e di mille combinazioni di solfo, di soda, di ferro, di rame, infine con tutti quei caratteri che i naturalisti assegnano alle argille vomitate dai vulcani di fango. Come vi si può reggere un muro chè non sbonzoli, od una galleria chè non si sfianchi? Se andrete una volta da Foggia a Napoli.... Mi rimarranno sempre impresse quelle orribili valli, che sembrano fatte con arte maliziosissima per disporre l’animo ad assaporare tutto quanto ha di dolce la più gradita sorpresa, quando, come all’alzarsi d’un sipario, si spiega d’un tratto sotto gli occhi la magica veduta di quell’anfiteatro incantevole, di quel paradiso terrestre che è il golfo di Napoli. In tutto il tratto dell’Apennino, da Bovino a Caserta, vi s’affacciano d’ogni parte regioni deserte, sterili, desolate, direbbesi maledette. Il terreno sdrucciolevole si smotta, come se i terremoti lo scotessero di continuo. I villaggi, pensili sulle ignude rupi, quasi nidi di aquile, dominano, soli al sicuro, il fondo inabitabile delle valli. Quella vasta desolazione è dovuta ai vulcani di fango, che un giorno formarono così quei terreni colle loro eruzioni».

«E si sa», domandò la Giannina, «quando ciò avvenne?».

«Eh carina! ciò che voi chiamate storia antica, per il geologo è la cronaca di jeri. Capisci? l’uomo non fu nemmeno presente alla maggior parte di quegli avvenimenti che il geologo narra come se li avesse visti. Chi sa quanti secoli corsero dal giorno in cui tacquero per sempre i vulcani di fango che fabbricarono quei monti, a quello in cui comparve il primo uomo?».

«Chi sa quale aspetto», sclamò la Marietta, «aveva in allora l’Italia!».

«L’aspetto a un dipresso che hanno di presente certe regioni del mar Caspio».

«Come?» continuò la Marietta, «si trovano ancora dei paesi dove i vulcani di fango siano così attivi e potenti, come tu dici?».

«Sì. Quando leggo la bella descrizione che il signor Abich1 ci fa delle regioni occidentali del mar Caspio, della penisola di Apscheron, e delle isole che si trovano lungo quelle coste, parmi veramente di vedere rifatta l’Italia di que’ tempi».

«Ebbene», prese a dire la Giannina, «vorrai pur dirci qual che cosa di quei paesi. Mi sento già la smania di andarci».

«Veramente non era nelle mie intenzioni di intraprendere un

  1. Vedi la nota a pag. 268.