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20 serata i. festa di nuovo genere

stosa nei paesi di montagna, si aggiungeva una letizia straordinaria. Qualcosa di nuovo ci doveva essere al certo: tutti i visi lo dicevano chiaro. Era infatti il giorno assegnato ad una festa che si celebrava per la prima volta in quel recesso dell’Alpi. I montanari accorrevano, tra contenti e meravigliati, ad osservare gli ospiti, venuti da lontane contrade a celebrarla».

«Dunque una sagra.... Ci sarà qualche celebre santuario»: osservò Giannina.

«Nè santuario, nè sagra.... Che balordo! Sta a vedere che dopo tante parole per dirvi come vi andai, non vi ho detto ancora perchè vi andassi. Ero accorso in Agordo anch’io a celebrare la festa del Club alpino. Non ispalancate gli occhi a quel modo; so bene d’aver profferito una parola nuova per voi, e che puzza di barbarismo insoffribile a mille miglia; ma non mi fate per carità quegli occhiacci, chè se vi vedesse l’apostolo Budden, ne rimarrebbe tutto scandolezzato».

«L’apostolo Budden?...» domandarono piuttosto col viso che colla bocca gli uditori.

«Un momento. Dobbiamo sapere che sia il Club alpino prima di conoscerne l’apostolo. Ma, se entro in questo argomento, pre vedo che non ne uscirò così tosto; e l’ora è già tarda, e per giunta mi sento un po’ rauco. Se avrete gusto di sentire, ripiglierò un’altra sera».

«Quando ci siam tutti, n’è vero?» disse l’Annetta.

«Certamente.... giovedì».