Pagina:Stoppani - Il bel paese - 1876.pdf/246

240 serata xiv

liberamente nel piccolo Arollo, è costretta a radunarsi in una vasca, dalla quale, attraversando un angusto canale, passa in una seconda, quindi si dirama per riempire ad un tempo una terza e una quarta vasca, da cui uscendo poi, tutta quanta riunita di nuovo in un solo borratello, arriva in pochi salti all’Arollo. Quanto a quelle vasche, disposte quasi a gradinata in sul pendio, non v’imaginate nulla di bene architettato. Le sono quattro pozzanghere, di cui la più vasta può vantare un giro di 12 metri, o giù di lì: e si ottennero, anzichè scavando il suolo, col cingere un certo spazio d’un muricciuolo a secco, i cui massi sono intrecciati di vimini e sterpi, in guisa da formare piuttosto una graticciata che un muro. E vasche, e muricciuoli, e pendìo, tutto vi è stranamente e naturalmente ingrommato di pece. A dar l’ultima pennellata a codesto babelico abbozzo, manca un tugurio, una stamberguccia a terreno, ove si custodiscono quattro avelli di pietra, da riporvi il petrolio».

3. «Ma codesto petrolio donde viene, se non viene dalla sorgente?» volle sapere Giovannino.

«Viene sì dalla sorgente, ma.... aspetta un pochino. Hai da sapere innanzi tutto che nelle regioni meridionali le lunghe siccità sono a volte a volte interrotte da piogge brevi sì, ma veramente diluviali. Queste piogge hanno luogo specialmente nei primi mesi d’inverno. Al diluviare dell’acqua quella sorgente si gonfia talora repentinamente in guisa straordinaria, e allora si può ammirare il curioso spettacolo della emissione del petrolio. Talvolta l’improvviso squagliarsi delle nevi sul gran gruppo della Majella produce lo stesso effetto. L’eruzione del petrolio mi fu descritta da quei paesani con quel linguaggio poetico, più del gesto che della parola, che io non saprei riprodurre. Quando la sorgente comincia a gonfiarsi, si vedono dapprima guizzare in seno all’acqua limpidissima come dei neri serpenti. Sono filacciche di bitume viscido, quasi sbrendoli di una massa viscosa, strappati dalla violenza della corrente, che li stira e ravvolge in mille tortuosi spirali. La furia dei serpenti ingrossa; e s’inseguono, si pigiano, e spinti nella prima vasca, là si urtano, s’intrecciano, si impigliano, si raggrumano a vicenda, formando delle masse nere, filamentose, che galleggiano sull’acqua. In breve la copia del petrolio è tanta, che l’acqua scompare per disotto, e la sorgente piglia l’aspetto di un fiume di liquida pece, cui la foga dell’onde tende a travolgere nell’Arollo: e ci riesce pur troppo sovente, non ostante quei meschini ripari e quegli an-