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180 serata x

mandatene ai mille che hanno sofferto il mal di mare. Chi vi dirà che è il peggior male che si possa patire! Chi: — non parlarmene, chè me lo fai venire, quel brutto mostro! — Chi vorrà darvi ad intendere di aver avuto la testa nello stomaco, e lo stomaco nella testa! Chi vi assicurerà di aver desiderato, di aver invocato uno scoglio, per farla finita.

» Ma, in fine, direte voi, che cos’è codesto male? che cosa si sente?... Vi dirò: comincia la testa a ballare, come fosse imperniata sul collo; e tutto gira colla testa, e la testa gira con tutto, come quando voi ragazzi, vi divertite a far trottola di voi stessi. Poi tutto il corpo pare rimescolarsi; quindi una nausea, una nausea orrenda, che finisce con un vomito così indiavolato, così implacabile, che non c’è rimedio a scongiurarlo. Pensate a quei poverini che passano le ore, i giorni, in questo atto così contro natura, contro gl’istinti più normali, che umilia, atterra, annichila. Non è vero che un uomo che vomita, sia colpa, sia caso, è un uomo annichilito fisicamente e moralmente?... Del resto il mal di mare ha gradi e forme diverse. Ci ha di quelli che ne son presi, si direbbe, soltanto alla vista del mare, mentre altri ridono, mangiano e dormono, nel furore della tempesta. Vedreste talora impassibile colui, che per la prima volta ha posto il piede sul bastimento; mentre soffre orribilmente il marinajo, che ha sfidato l’oceano, a cui il mare è il proprio elemento, come ai pesci. Tornando al nostro tempestoso salotto, capite ora il gioco cominciato da quel tale dai tarocchi, il quale se lo ebbe di qualità fina talmente, che tre o quattro giorni dopo, incontratolo a Firenze, e non aveva ancora ricuperato intero l’uso della favella. I compagni la durarono un po’ più a lungo; ma poi l’uno dopo l’altro si ricoverarono anch’essi nella loro cabina.

» Io pure mi cacciai alla meglio nella mia, mettendomi a giacere supino su quel lettuccio così avaro di spazio».

«E cominciasti anche tu quel brutto gioco, n’è vero?» domandò Chiara.

«Non posso rispondere nè sì, nè no. Per buona fortuna, io non ho pagato mai al mare quel tal genere di tributi, benchè sembrasse volerlo esigere per forza e mi trovassi per la prima volta con esso alle prese. Già s’intende che fui tra i pochissimi privilegiati. Ma vi dico che il malanno l’avevo addosso, da ricordarmene per un pezzo. Era il mal di mare sotto una delle sue forme, le quali son tutte brutte. Là, disteso su quel lettino, come corpo morto, non potevo muovere un dito, senza che mi sentissi