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il ritorno alla città 9


Il brio, il rumore, diluito sopra una immensa superficie, tutto si condensa entro quell’angusta macchia, come isola circolare nell’immensa pianura, che si chiama Milano. Milano si ridesta, si commove, si agita, come lo svenuto, che sente rifluire il sangue nelle vene al cessare della sincope. Tutto è moto nelle vie, brillanti dell’estate di S. Martino; nelle botteghe, o di nuovo aperte o rifornite; nei caffè dove echeggiano gli eh!... gli oh!... i ben tornato!...; nelle case di cui molte sono nuove ai loro stessi abitatori, intesi a ripartirvi le esili masserizie, ed a riparare i danni del S. Michele. L’anno, l’anno vero, che si misura, non col giro del sole, ma col giro delle nostre abitudini, ricomincia, direbbesi, con quel rumore di ruote, con quel cigolio di perni, con quello stridere d’ingranaggi, con quel fragore così vario e monotono ad un tempo con cui si rimette in movimento un grande opificio meccanico, rimasto fermo alcun tempo pel bisogno periodico di riparazioni.

La gran macchina gira, gira.... All’alba gli operai e le operaje, che fluiscono, come il sangue al cuore, dalle regioni perimetriche, alle interne della città. Allo spuntar del sole i bambini, accompagnati alla scuola, freddolosi, col riso sulla bocca o i lucciconi agli occhi, ad uno, a due, a tre, a gruppi formidabili di sei, di sette, non distinti l’uno dall’altro, che per ciò che distingue le canne di un organo, portando tutti nella uguale fisonomia stereotipata la fede di nascita. Più tardi, ed anche troppo, il mondo stanco degl’impiegati, che si distribuiscono ai rispettivi scanni. Più tardi ancora le signore azzimate, leccate, incipriate, che hanno l’incarico di passare in rivista tutte le botteghe di mode e di no vità, di squadrarsi da capo a piedi, e di inventariarsi a vicenda, mentre studiano intanto quale piega minacci di prendere la moda della stagione. Tutto è vita, tutto è moto. Gli spazzacaminelli, levando l’acuto strido, molleggiano sui due piedini d’ebano, battendo il selciato, col moto oscillatorio della calamita. I venditori di latte, di caldarroste, di fandonie, tutti gridano a loro modo, sicchè li distingui l’uno dall’altro come si distinguono le bestie di un gran serraglio all’ora del pasto. La sera poi le conversazioni, i teatri, la galleria Vittorio Emanuele.... Ma finiamola.

2. Tutto questo era un esordio, per dirvi, che anch’io ritornai alla città. La sera mi recai tosto alla casa, dove abita il gruppo maggiore, quasi direbbesi il nerbo, di un piccolo esercito di nipoti, e dove si radunano a volte a volte gli altri. Era precisamente il giovedì dopo S. Martino dell’anno di grazia 1871, ed