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128 serata vii


» Ma, sormontato quel caos, la valle si apre di nuovo, e piglia la forma di un bacino allungato, di un bel piano, tutto verdeggiante di prati fioriti, cinto da ignude rupi. Quale contrasto tra quelle rupi così nere, irte, selvagge, e quegli incantevoli piani! Come sono ridenti questi giardini delle Alpi, in cui il sole di agosto converte i terreni che il gennajo seppellisce sotto montagne di neve! Fiori di mille aspetti, di mille colori, spiccano sul fresco verde di quegli erbosi tappeti, dove folleggiano scherzosi i venticelli, dove corrono a gara i ruscelletti di cristallo, che vanno a gettarsi gorgogliando in seno al torrente. Talora una specie si isola, formando un bel gruppo di famiglia, a cui succede un altro gruppo di altra specie, più numeroso, più bello del primo. Talora invece i diversi gruppi si alternano, si mischiano, s’intrecciano, si fondono in un sol quadro, uno di quei quadri che la sola natura sa dipingere. Spiccano, per la loro infinita abbondanza, le selvatiche cicorie dalle stelle d’oro, frastagliate a guisa di raggiante aureola, dondolanti sul lungo gracile stelo. Con loro gareggiano le campanelle, che seminano il piano di lapislazzuli e zaffiri, e le margarite che cingono di bianca aureola il bottone dorato. Sparso in piccoli gruppi, in macchiette, in cespugli rosati, tu vedi le eufrasie che sembrano stringere tra le labbra candide o violette una stelluccia d’oro; i geranei tinti del più schietto carmino e le lychnis dai cespi ametistini, e le veroniche dalle spiche cerulee, e la viola tricolore, dai fiori bianchi e gialli a screzî di bruno, e la viola biflora colla sua invariabile coppia di fiori gialli, e il timo odoroso, e cento altri, che vanno confusi e perduti, ove il bello soverchia il bello e lo nasconde1. Dove ombreggia una siepe, là come rubini perduti fra i muschi, cogli le fragole deliziose; dove gorgoglia un ruscello, spiega isolate le sue stelle d’oro la calla palustre2.

» Chi crederebbe che questa valle, tepida e profumata deva, col volgere di qualche mese, convertirsi in isquallida landa? che tutto deva scomparir sotto immensi cumuli di neve, e che gli echi di quelle rupi, ora ridesti dai lieti gridi dei montanari, dai nitriti dei cavalli, e dai muggiti delle giovenche, non ripeteranno, in mezzo a un silenzio di morte, che il tuono funesto delle va-

  1. Le piante erbacee, alle quali si allude, nominandole nello stesso ordine col quale sono citate in corsivo nel testo, sono, nel linguaggio dei botanici, le seguenti: — Leontodon hastilis, Campanula rhomboidalis e barbata, Leucanthemum vulgare, Euphrasia officinalis, Geranium robertianum e rotundifolium, Lychnis diurna, Veronica spicata, Viola tricolor e biflora, Thimus alpinus.
  2. Caltha palustris.