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120 serata vii

che cadono a scroscio e gonfiano il torrente e inondano il piano. Quei vapori cingono di aureola variopinta la luna, imperlano colle stille della rugiada il grembo dell’erbe e dei fiori di primavera, e son quegli stessi vapori che, rappresi dal gelo, in finissima polvere di stelle cristalline1, o quasi in falde di morbida bambagia, nutrono la perenne canizie delle Alpi, e distendono d’inverno un bianco lenzuolo sul piano. Son dessi quei vapori che, pigliando il nome di brina, incrostano il mondo di gemme.

Ma il sole si è fatto più alto; il suo disco sfavilla; lo sguardo più no’l sostiene.... Ahimè! gli alberi perdono a ciocche a ciocche la loro chioma posticcia; la natura ha spogliata la sua candida veste; i suoi brillanti sfumano, come le giovanili illusioni; rimane il nudo inverno, colle sue foreste brune e scheletrite, coll’erbe gialle e stecchite, co’ torrenti ghiacciati, col gelato suo soffio, co’ suoi brevi splendori, col suo morto silenzio. Solo, sparsi sui colli più aprichi, i radi sempreverdi custodiscono gelosi il colore della speranza. L’inverno è la realtà della vita, co’ suoi disinganni, co’ suoi dolori e le cure e le angoscie; la realtà della vita ove il godere, che è così scarso, anzichè nel conseguimento, sta nella speranza del bene.

2. Venuta la sera, una nebbia folta, immobile e serrata come un lago di acqua stagnante, levossi sull’orizzonte, riempiendo le vie, i giardini, i cortili, le porte delle case. Dai vetri appannati e goccianti del mio studiolo, la nebbia traspariva come una bigia muraglia edificata contro alla casa senza alcun distacco. Solo i più vicini dei fanali a gaz, trasparendo d’in sulla via, rompevano il bigio uniforme di quella muraglia, come piccole radure nel fitto di un cielo piovoso e nero. Era una di quelle freddissime sere d’inverno in cui volentieri ci condanniamo a stare in casa. Ma il pensiero mi portò, mio malgrado, al solito ritrovo de’ miei nipoti, a cui avevo fatto sperare la solita conversazione. Che fare? Sentivo, a dir vero, un po ’ di rimorso di tradire l’aspettazione di quei buoni giovanetti e delle mamme, le quali contavano sulla mia conversazione, come sopra uno specifico per tenerli occupati e quieti. Ma una leggera costipazione, un po’ di tosse, mi porgevano una scusa.... un pretesto. Poi, dicevo fra me,

  1. I pulviscoli di neve, quando cadono radi e gelati, raccolti sopra un panno nero mostrano (solo talvolta al piano ma sovente nelle Alpi) le più svariate ed eleganti figure di stelle raggianti, di croci stellate, così belle, che è un desio a vederle. Ognuna di quelle stelle è un gruppo di cristalli di ghiaccio.