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106 serata vi


» Ma noi non potevamo a lungo trattenerci. Ci incalzava il pensiero di una lunga discesa, ignota a ciascuno di noi, per cui bisognava far larghi patti col tempo, perchè poi non ci gabbasse gettandoci attraverso la via inopportuna la notte.

13. » Si giunge allo sbocco dell’angusta gola, ed eccoci stesa d’improvviso dinanzi, quasi fantastica tela, l’immensa giogaja delle Alpi, che con una serie infinita di negre piramidi, di ardite aguglie, di vette frastagliate, fiancheggia a destra la Valtellina, rispondendo con orrida simmetria agli aspri gioghi che, ritti sulla sinistra come scheletri di giganti, in parte ci torreggiano sul capo, in parte ci si inabissano sotto i piedi. Chiusa nel fondo tra verticali pareti, per lungo e tortuoso cammino, svolgesi l’Adda come un nastro cangiante, che appare e si cela, talor bianco come la neve, talor verde come lo smeraldo. Al suo fianco una striscia bianca, uguale, continua, ne segue le volubili mosse. È la gran via maestra, portento dell’epoca nostra, che dai piani lombardi ascende fino ai gioghi dello Stelvio, e discende in Tirolo, attraversata così tutta intera l’enorme grossezza delle Alpi.

» Credete però voi che avessimo il cuore abbastanza libero per deliziarci di quel sublime spettacolo? Imaginatevi che a tanta altezza noi vedevamo il fiume e la strada quasi a perpendicolo sotto i nostri piedi. Per quale via saremmo discesi, se non vi era nemmeno un pendio sufficiente per tracciarvi colla fantasia un sentiero qualunque? Noi sapevamo, è vero, che per di là si poteva discendere: ma sapevamo anche che spaventosi precipizi ci stavano sotto i piedi. Per mala sorte quelle due o tre capanne che, nella più calda stagione, danno ricetto a qualche pastore, erano vuote. Non respirava anima viva in quel deserto. Bisognava rimetterci al nostro criterio, il che vuol dire in questo caso abbandonarsi un po ’ ciecamente alla ventura.

» L’unico sentiero che ci aveva guidati fuor della gola, si partiva in due al suo sbocco. Uno vedevasi con sicura traccia torcersi alla sinistra, svolgersi con mille andirivieni giù per le coste, raggiungere alcuni erbosi ridossi, poi, come dicesi nel linguaggio del paese, un monte, cioè un luogo ove si conduce per qualche mese dell’anno la mandra a pascolare; di là il sentiero continuava, sempre discendendo a seconda della valle, finchè si perdeva di vista. Evidentemente era questo il sentiero più battuto, e a cui avremmo potuto affidarci con piena sicurtà; ma non era fatto al certo per condurci a Bormio, nè ci sentivamo disposti a deviare di troppo dalla nostra meta. Pigliammo quindi l’altro