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dracula 43


— Chiudete la porta! — esclamai — aspetterò fino al mattino.

Mi copersi il viso colle mani per nascondere le lagrime. Il Conte mi contemplò con ironia, rinchiuse la porta e mi seguì nella biblioteca. Ve lo lasciai per fuggirmene nella mia stanza.

A capo di alcuni minuti, udii un mormorio dietro la porta. Incollai l’orecchio alla serratura e mi parve udire la voce del Conte.

— Indietro, la vostra ora non è ancora venuta. Pazienza, egli vi apparterrà domani sera.

Con un gesto brusco, spalancai la porta e vidi le tre terribili sorelle che alla mia vista scoppiarono in una risata e si diedero alla fuga.

Domani! Domani! La mia fine è dunque così prossima?

30 giugno. Di mattina.

Ecco forse le ultime righe che potrò scrivere.

Mi sono svegliato al canto del gallo e, col cuore alleggerito, sono sceso nell’hall. Poichè la porta non era chiusa a chiave la vigilia, certo potrò fuggirmene. Ho tirato i catenacci pesanti e fatto cadere le catene. Ma la porta non si è mossa. Ho tirato, tirato con tutte le mie forze. Invano.

Allora ho deciso di procurarmi la chiave a qualunque costo. Scivolerò ancora nella stanza del Conte. Arrischio la morte; tanto peggio! Questa angoscia è intollerabile.

Sono strisciato lungo il muro, introducendomi dalla finestra. La stanza del Conte è vuota. Dalla scala a chiocciola giungo al passaggio sotterraneo e alla vecchia cappella. La grande bara è