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tenza. La vettura verrà a prendervi e vi condurrà al Passo del Borgo ove troverete la diligenza che va da Bukovina a Bistritz. Spero bene di rivedervi qui un giorno.

Queste parole non mi rassicurarono che a metà e, per provare la sua sincerità, chiesi:

— Perchè non posso partire stasera?

— Perchè, caro signore, cocchiere e cavalli sono assenti.

— Ma camminerei volentieri. Preferirei partire subito.

Egli ebbe un sorriso melato e diabolico che conoscevo fin troppo:

— E i vostri bagagli? — obbiettò.

— Li farò prendere più tardi.

Egli s’inchinò cortesemente:

— Come vorrete, mio giovine amico, non voglio trattenervi vostro malgrado, per triste che mi faccia la vostra insistenza. Venite dunque!

Prese la lampada con gesto solenne e mi precedette fino al basso della scala, nell’hall d’entrata.

A un tratto si fermò.

— Udite! — disse.

Udii l’abbaiar dei lupi, vicinissimi. S’accordavano insieme, come i violini d’un’orchestra quando il direttore alza la sua bacchetta. Il Conte tirò i catenacci, fece cader le catene. La porta s’aprì da sola.

L’abbaiare raddoppiò e vidi luccicare occhi feroci e denti di belve. Capii che sarebbe inutile lottare col Conte. Con alleati simili, era onnipotente. Allora un presentimento orribile attraversò la mia mente: il Conte aveva deciso la mia morte e formava il piano di darmi in pasto ai lupi.